Uno sguardo al passato con i volti, l’anima e il cuore di chi lo ha vissuto. Questo potrebbe essere il messaggio della mostra I Bergamini 600 anni di storia, inaugurata il 14 settembre al Centro Intergenerazionale.
TRANSUMANZA E VITA NEI PASCOLI
L’esposizione dà anima e voce alle figure e alle vicende dei Bergamin o malghés, così chiamati perché provenivano dalle valli bergamasche e dalle malghe, cioè i pascoli in quota dei loro posti d’origine. Quando gli ultimi temporali d’agosto segnavano la fine dell’estate e, a settembre, sulle pendici delle montagne bergamasche cominciava a far freddo, le mandrie scendevano a svernare nel basso Milanese, nel Lodigiano, da dove erano salite in primavera. Apriva la marcia il capo famiglia, baffi spioventi, bastone e il caratteristico grembiule blu carta da zucchero. I bergamini erano allevatori di bestiame e produttori di latticini, i tipici stracchini, e si dedicarono anche alla vendita diretta del formaggio, soprattutto per coloro che soggiornavano a breve distanza dai centri urbani.
I BERGAMINI: IL RACCONTO DELLA VITA DI ALLORA
«Siamo nate bergamine e abbiamo abbracciato la vita della nostra famiglia fino all’età di tredici anni – hanno dichiarato le due sorelle Maria Grazia e Pierangela Vitali – Noi, originarie di Pizzino in Val Taleggio, partivamo dal nostro paese e dopo cinque o sei giorni di cammino con le mandrie e la famiglia arrivavamo a Gorgonzola, dove sostavamo otto mesi in pianura, da ottobre a maggio, e dove frequentavamo la scuola. Poi si ripartiva per i mesi estivi in malga. La sveglia era tutti i giorni alle 4 della mattina, facevamo una colazione abbondante con polenta, latte e formaggio e poi aiutavamo a mungere le mucche e andavamo all’alpeggio a farle pascolare».
Molte famiglie stanziavano nei dintorni di Milano, come alla Cascina Majochetta di Melegnano, che fu acquistata dopo anni di transumanza dalla famiglia Vitali “Giana” di Pizzino. Nel 1987 il comune l’ha espropriata e inserita in un piano di economia edilizia popolare. Giuseppe e i figli sono stati costretti a smettere la transumanza e diventare coltivatore e contoterzisti.
Una fedele ricostruzione della vita bergamina, con un modello a grande scala, è stata costruita a mano da Piero Vitali. «Egli, non avvezzo alla nuova vita, decise di ritirarsi al Piazzo di Pizzino, suo paese natale, dove, con maestria e amore, iniziò a intagliare nel legno i suoi animali: le sue vacche, tutte con un nome, i maiali, i cavalli, gli attrezzi del lavoro, i carretti, le stalle, la cascina e i suoi abitanti» ha spiegato Michele Corti, docente di Zootecnia di montagna e studioso dei Bergamini.
Una vita dura, fatta di lavoro e sacrificio, che traspare dalle parole di uno degli ultimi bergamini viventi, Carlo Chiaveri, classe 1924, nato e cresciuto in Valtaleggio e che ora vive a Melzo: «Noi eravamo in cinque, tre sorelle e due fratelli, oltre a mamma e papà, che purtroppo è venuto a mancare quando avevo tredici anni. Mia madre ha preso le redini del lavoro di bergamina e ha portato avanti e indietro la mandria fino alla fine del 1950. Un episodio ho impresso nella mente: quando a San Giovanni Bianco, durante il tragitto per ritornare a valle, siamo rimasti sotto un temporale e una pioggia battente tutta la notte e pensavamo di non scamparla. Poi è arrivato nostro cugino che, urlando e gridando il nostro nome, ci ha trovati e ci ha salvati da morte certa».
MOSTRA I BERGAMINI: QUANDO VISITARLA
La mostra è visitabile dal 17 al 20 settembre dalle 16.00 alle 18.00, e sabato 21 e domenica 22 all’interno della XXII° edizione della Sagra Nazionale del Gorgonzola.
Augusta Brambilla