Salvatore Empoli
, l’agente del Comando di Segrate che ha ucciso a sangue freddo venerdì 30 ottobre Gianfranco Ambrosoni, 53 enne di Bussero, aveva vinto il concorso pubblico per agente di Polizia Locale nel 2010 classificandosi primo in quella tornata. Come pochi suoi colleghi aveva frequentato corsi di specializzazione e formazione con attestati più che positivi, e le visite mediche di prassi per gli agenti del Comando, lo avevano sempre ritenuto idoneo, così come era risultato idoneo al maneggio delle armi dopo la verifica presso il tiro a segno di Monza. Laureato in Economia e Finanza, il suo casellario giudiziale fornito dal Ministero della Giustizia, così come il suo certificato di carichi pendenti fornito dalla Procura di Milano, sono lindi, immacolati: nessun precedente. Un insospettabile.
Ecco come si presentava ormai da cinque anni nel Comune di Segrate, Salvatore Empoli, 45 anni il prossimo 21 dicembre, padre di due figli di 8 e 9 anni, il cui gesto ha gettano nello sgomento sia l’amministrazione che l’intero Comando di Polizia Locale, a partire dal Comandante Giona, che in conferenza stampa accanto al Sindaco Micheli, ha ribadito la sua costernazione: “Anche se la tragedia non si è compiuta mentre Empoli era in servizio, e anche se no ha utilizzato la pistola d’ordinanza, condanno questo atroce omicidio da ogni punto di vista. Non c’è alibi nè attenuante –ha detto Giona- Va detto però, che su Empoli a noi non è mai pervenuta nessuna lamentela o segnalazione, né da cittadini né tanto meno da altri enti. Per me era una persona normalissima, con cui si chiacchierava del figlio scelto come portiere all’Atalanta e di cui era molto orgoglioso, così come si fa con tanti altri padri. Il fatto che anni fa si fosse separato non è indice d’instabilità, poiché purtroppo sono molti gli agenti che vivono situazioni simili. Se poi avesse una doppia vita o personalità, questo mi sconvolge, e purtroppo non è mai emerso nemmeno nelle visite con cadenza regolare effettuate dagli agenti”.
Empoli pare fosse un dipendente irreprensibile dunque, sebbene nelle prime ricostruzioni della sua vita, apparse anche sulla stampa nazionale, si sia parlato di precedenti episodi di possesso di sostanze stupefacenti ad uso personale, segnalazioni che risalirebbero a circa vent’anni fa però, e di cui né prefettura né ministero riportano alcunché. Vero è che le visite di idoneità sostenute dall’uomo anche degli ultimi anni, compresa l’ultima del 2013, non hanno mai previsto un’analisi tossicologica o una valutazione psichica approfondita, sebbene i medici abbiano sempre segnalato i soggetti sottoposti a stress, e lui non era mai stato tra quelli. “Ragioneremo sulla possibilità di introdurre ulteriori e specifici controlli cui sottoporre gli agenti –ha spiegato Giona- ma non è una cosa facile. Bisogna sedersi ad un tavolo con i sindacati, si tratta di procedure particolari e delicate. Ci ragioneremo probabilmente, ma è tutto da vedere”.
I colleghi dell’omicida di Bussero si chiudono in un secco “no comment”, ma pare non abbiamo mai sospettato di nulla, e nulla avessero notato nel comportamento del loro collega. Nel frattempo l’amministrazione li ha incontrati una prima volta ieri pomeriggio e li risentirà in accordo con le altre Forze dell’Ordine. “Incontreremo gli agenti –ha spiegato Micheli– per guardarci in faccia e fare ordine. La preoccupazione è comune e condivisa dato che si tratta di un nostro dipendente che ha agito armato. Verificheremo se è mancato qualcosa nella comunicazione, qualche dettaglio sottovalutato, o se, come invece sta risultando sempre più chiaramente, si sia trattato di un gesto di follia. Siamo tutti molto turbati, soprattutto i colleghi di Empoli, perchè ognuno, nonostante la sua vita personale, trascorre molto tempo al lavoro, e il corpo della Polizza Locale che per me resta fondamentale in città, vive davvero come se fosse una famiglia. Per questo sconvolge che una persona abbia tenuto nascosta una tensione così forte dentro di sé. Siamo fortemente accanto alla famiglia della vittima uccisa”.
Al momento Empoli, nella cui abitazione sono state ritrovate altre armi regolarmente registrate, è detenuto nel carcere di San Vittore E ritenuto “capace di brutali reati di sangue” come scritto dal Pm Ascione. Nel mentre gli inquirenti cercano di attestare il vero movente dietro al suo gesto. Fino alla chiusura del procedimento d’indagine, l’agente risulta in servizio presso il Comando segratese, ma indagine chiusa scatterà il procedimento di sospensione e dopo la sentenza conclusiva si avvierà il procedimento di risoluzione del contratto.
Sotto shock l’intero corpo della Polizia di Segrate, che se a settembre intitolava la caserma a Bruno Suzzani (qui), compianto e amato agente della municipale, esempio per l’intera città, ora fa i conti con il rovescio della medaglia più cruento e inaspettato.