“Io vado avanti e non mollo. Anche domani tornerò davanti al municipio a protestare con il mio cartello”.
Queste parole sono di Ermenegildo Vatteroni, disoccupato 56enne, che da quasi due settimane, con la moglie Virginia, è costretto a vivere in un garage, nel quartiere Ippocampo di Gorgonzola. “La nostra richiesta nei confronti dei Servizi Sociali non è quella di essere mantenuti –ci ha spiegato la moglie- ma di avere un alloggio provvisorio per trovare poi un lavoro e andare avanti da soli”.
Per circa tre anni i due coniugi hanno abitato in via Giuseppe Verdi, a Gorgonzola. Con loro anche la 19enne figlia Rachele, che oggi opera nel servizio civile dei Volontari Opere Socio-Sanitarie del paese. Il padre era giardiniere e operatore ecologico ma, dopo aver perso il lavoro, non è stato più in grado di pagare l’affitto. Sfrattati lo scorso 19 dicembre, i Servizi Sociali li hanno trasferiti a Milano, in un appartamento di piazza Udine. “Avevano detto che saremmo rimasti lì per due mesi –ha raccontato la signora Vatteroni- ma dopo qualche giorno ci hanno buttato per strada con tutto quello che avevamo. Quella mattina, tra l’altro, avrei avuto un colloquio di lavoro in una sartoria e a causa dello sfratto non ci sono potuta andare”.
Tornati quindi a Gorgonzola, la Caritas ha offerto loro un alloggio all’Hotel L’Aragosta. Il primo piano dell’albergo offre accoglienza anche ai migranti, così il soggiorno è durato solo quattro giorni, dopo i quali, dicono “abbiamo dovuto lasciare il posto ai profughi“. Dal 19 gennaio, di nuovo senza dimora, si sono arrangiati affittando un box, dove vivono all’insaputa del proprietario. Abbiamo documentato con un breve video le loro estreme condizioni (qui e copertina). Un materasso buttato per terra, un piccola stufa elettrica, qualche alimento passato dalla Caritas. Niente acqua corrente. C’è anche Charlie a far loro compagnia, il cagnolino di 17 anni.
“Una signora sta ospitando mia figlia –ci ha detto la madre- anche se non so per quanto tempo potrà farlo. Almeno per ora evitiamo che lei prenda freddo”. La famiglia Vatteroni si è rivolta al comune, ma la soluzione prospettata non era facile da accettare: “Ci hanno detto –ha spiegato la signora Virginia- che io e mio marito saremmo dovuti andare in due dormitori per senza tetto: io in uno femminile e lui in uno maschile. Mia figlia, invece, in una comunità, dove magari sarebbe stata insieme a delle ragazze con problematiche di droga o prostituzione. Noi ovviamente abbiamo rifiutato”.
Così è nata la protesta del signor Vatteroni. “Questo è l’ennesimo aiuto avuto dal Comune… –ha scritto su un cartone- venire buttato fuori dall’alloggio provvisorio per far spazio agli stranieri (profughi) e dividere la mia famiglia”. Nel frattempo, marito e moglie cercano lavoro e una soluzione più dignitosa per la loro famiglia.
ANDREA AMATO
(intervista e filmato)