La sorte non gli è stata amica stavolta: tocca a lui vegliare di sentinella in questa notte del Natale 1944, in un angolo sperduto dell’Appennino. I suoi compagni partigiani sono al riparo nella casupola-fienile, anche se non hanno nulla da festeggiare, o forse li rende un poco lieti soltanto la soddisfazione di essere ancora vivi e la speranza che sia l’ultimo Natale di guerra.
Luigi invece è all’aperto, sta seduto appoggiato al tronco di una quercia isolata sulla cima del monte, avvolto in una coperta, sottobraccio tiene lo sten carico, ormai il suo più fedele amico in tutti i mesi da ribelle.
E’ una notte serena e ghiacciata, le stelle tremolano ammiccanti con luccichii d’argento, come si può pensare a qualcosa di male in questa notte? Eppure si sente dentro a una tragedia che dura ormai da troppo tempo, lui è uno dei più giovani tra quelli che sono saliti in montagna, quasi un ragazzino, aveva portato messaggi e guidato fuggiaschi, spavaldo si era buttato in imprese rischiose, una sfida alla guerra e alla vita, aveva perso l’innocenza quando aveva ucciso per la prima volta e quando tra i colpi della mitraglia, pesanti di paura, aveva visto cadere l’amico del cuore, il suo sangue mischiato al rosso dei papaveri nel campo di orzo.
Bisogna far passare anche queste ore gelide, forse i brividi leggeri non arrivano solo per il freddo, ma sono la compagnia di tutti i ricordi della sua vita da partigiano.
La neve attorno ha una pallida luminosità, i rami contorti e spogli della quercia sono neri e lui appoggiato al tronco si confonde con la pianta, il cielo è blu cobalto, molto scuro, un’enorme massa nera e minacciosa sono i monti tutt’attorno, in un silenzio cupo. Ci sono fattorie e paesi su quei monti, ma gli ordini, la prudenza e il terrore hanno fatto spegnere ogni luce, oppure è nascosta, soffocata all’interno delle stanze. Il silenzio è profondo, neppure i cani delle fattorie si fanno sentire, è un tempo sospeso che scorre lentissimo.
Luigi non ha paura, è la sua terra, la conosce e la ama, affonda gli occhi sbarrati nel buio delle montagne: sa a memoria dove si trova ogni casa, ogni paese, adesso è tutto sparito, immagina che se avesse una matita potrebbe ridisegnarli sul nero, ognuno al posto giusto. Lo sguardo si sofferma verso la valle, in un punto, uguale a ogni altro, ma non per lui: il cuore gli batte forte, il freddo non è più così pungente, ma si sente avvolto dal calore dell’emozione.
Laggiù abita Maria! Chissà cosa starà facendo in quel momento… forse è già addormentata, o forse no, è la notte di Natale, forse c’è una piccola veglia in famiglia…
Chissà se sta aiutando le donne di casa a preparare il dolce per la festa, da quella vecchia ricetta della tradizione: riusciranno, col poco che c’è?
Come vorrebbe essere là con lei, nella cucina calda, seduto sull’angolo del grande camino: starebbe in silenzio a guardarla lavorare e chiacchierare con le altre donne, lei ogni tanto gli lancerebbe un’occhiata rapida e un sorriso leggero e quasi di sicuro arrossirebbe un poco, ma non per il fuoco acceso…
Primo amore, amore giovane, nato poco prima che lui prendesse la decisione di salire in montagna. Era stato bello conoscersi, dirsi tutto il bene del mondo, assaporare i primi baci e i profumi e la pelle dell’amata, di nascosto dai familiari severi, tra i fiori e le dolcezze della bella stagione.
Maria aveva capito la sua scelta, pure col cuore spezzato, tra loro era rimasta la promessa che non si sarebbero mai lasciati, qualunque cosa fosse accaduta, anche se lontani appartenevano l’uno all’altra, nell’attesa che potesse tornare la felicità.
Qualche volta, durante tutto quel tempo, era riuscito a ritornare da lei per un incontro rapido e appassionato, ma non del tutto sereno, sciupato dall’ansia e dalla paura di metterla in pericolo… se qualcuno l’avesse seguito, o spiato…
Ora, al buio di quella notte fredda, tra le stelle del cielo ne vede il viso, gli occhi scuri brillanti e innamorati, il sorriso sulle labbra sottili e dolcissime… il vento leggero che si è levato gli ricorda le sue carezze. Vorrebbe allungare le braccia, accarezzarla anche lui, stringerla a sé, ma è meno che nebbia, solo un’immagine e un soffio d’aria che svanisce nel cielo nero e nella tranquillità immobile.
Sospira.
Stacca un piccolo ramo secco dalla quercia, sulla neve incide i loro due nomi, poi li circonda con un cuore: un gioco da ragazzi, ma per colpa della guerra forse ragazzi non lo saranno più ormai.
Chissà quanto resterà sulla neve la sua ingenua espressione d’amore…
Chissà se lui resterà… fino a quando… fino alla pace, a non lasciare mai più Maria!
A oriente il cobalto del cielo si sta schiarendo leggermente, la notte è quasi passata, Maria gli ha fatto una dolce compagnia nel cuore per tutte quelle ore.
Pochi mesi dopo la guerra è finita.
Insieme ai compagni superstiti Luigi scende dai monti, entrano vincitori nel paese, ha scordato le fatiche e i dolori recenti ed è tutto proteso verso un futuro di speranza. Ecco Maria, gli corre incontro, è bellissima e felice, si stringono in un abbraccio che non vuole finire…
Luigi si sveglia di soprassalto, è nel suo letto, è ancora notte fonda: di nuovo quel sogno, quella sua vita, ormai lontanissima nel tempo, che una memoria notturna ultimamente gli ha fatto rivivere più volte.
E il risveglio è sempre affannoso e angosciato, poi non riuscirà più a riprendere il sonno.
E non crede che sia solo a causa dell’età ormai molto avanzata.
Si rigira tra le lenzuola, guarda sua moglie che gli dorme tranquilla accanto: non è Maria.
Perché nella realtà la storia non ebbe la conclusione del sogno. Sì, a guerra finita scese dai monti con i compagni, ma qualcuno lo fermò prima che arrivasse al paese, quel paese non c’era più: rappresaglia, a ferro e a fuoco, vecchi, donne e bambini massacrati.
Maria… non riuscì neppure ad ascoltare tutta fino in fondo la storia orribile, non volle sapere i particolari o, se qualcuno glieli aveva raccontati, era diventato sordo dalla disperazione che gli scoppiava dentro. Non aveva potuto fare niente per salvarla!
La vittoria, la pace non avevano per lui più alcun senso, che vita sarebbe stata senza Maria? Non aveva niente di lei, neppure una fotografia. per
Così si era allontanato da quei luoghi, si era gettato nella ricostruzione con una forza disperata, per non pensare al passato e per non ricordare: lo studio, il lavoro, l’impegno sociale, dalla guerra era nato un uomo diverso. Poi aveva incontrato Anita, che gli era stata vicina e aveva condiviso i suoi ideali, così era sbocciato un sentimento tranquillo ed era nata la sua famiglia, erano arrivati figli che ora li avevano resi nonni ed anche bisnonni.
Delle sue esperienze di guerra Luigi ha sempre raccontato poco e malvolentieri, Maria è rimasta in fondo al suo cuore, tra l’amore e il dolore, di lei non ha mai parlato con nessuno. Talvolta pensa che non sia veramente esistita in quella lontanissima giovinezza, per non ricordarla con troppa sofferenza.
Ma ora, alla soglia dei novanta anni, ecco questo sogno che si ripete e si conclude come avrebbe voluto che fosse la realtà.
Quando accade, Luigi dopo resta sveglio a pensare a lei, al loro perduto desiderio di felicità, vorrebbe che il sogno non si interrompesse così, ma che potessero continuare a parlarsi, ad abbracciarsi, a rivivere quelle sensazioni che credeva di avere dimenticato, ma che sono ancora così forti:
– Maria, perché ritorni? Cosa vuoi dirmi? Forse tra poco ti raggiungerò… Ci sarà un altro mondo, un’altra vita per noi? –
Dalle tapparelle pian piano filtra la tenue luce rosata dell’alba.
Vota il tuo racconto preferito della Nona Edizione del Concorso Letterario “Liberi di Scrivere”
Hai raggiunto il limite di votazioni disponibili.