L’onirigrafo

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“Deve assolutamente trovarla, detective Marvis.”

Eli osservò la donna seduta sulla poltrona girevole con le gambe accavallate, i capelli biondi tinti e gli occhi nascosti dietro alle lenti scure.

“Deve dirmi di più” disse.

La cliente sospirò.

“Sa perché mi sono rivolta a lei?” chiese.

“Perché la polizia pubblica è corrotta e inefficiente?”

“Certo, ma anche perché dalle recensioni risulta che una delle sue principali qualità è la discrezione.”

“La discrezione” commentò Eli, “ha senso verso l’esterno. Tra noi è meglio che non ci siano segreti.”

Sandy Peters, imprenditrice, così si era presentata quando l’aveva contattata. Si tolse gli occhiali scuri, come in segno di resa, e fissò Eli con due occhi chiarissimi, trasparenti quasi come l’acqua di un torrente. Se non avesse avuto la carnagione ambrata si sarebbe potuto pensare che fosse albina.

“Da dove comincio?” chiese.

“Dall’inizio” disse Eli, “e non tralasci nessun dettaglio.”

 

Wendy Hurt e Sandy Peters erano amiche fin dall’adolescenza. Sandy era appariscente, brillante, piena di inventiva, Wendy piccola e schiva, studiosa e morigerata. Erano inseparabili.

“Wendy inventò per noi il nomignolo le Andy D” raccontò Sandy, “che poi è diventato il marchio della mia azienda. È la storpiatura del termine endiadi, che viene dal greco e significa “uno attraverso due”. Le è sempre piaciuto giocare con le parole, e a quei tempi studiava anche gli antichi idiomi.”

Wendy era una di quelle rare persone che hanno tanti talenti ed eccellono in tutto.

“Un vero genio” la definì Sandy.

A un certo punto si era concentrata sulle neuroscienze e aveva ottenuto un posto da ricercatrice in un Ateneo pubblico; era la più giovane del team che lei stessa dirigeva.

“Quando venne da me un anno fa” disse Sandy”, stava portando avanti un grosso progetto, ma a causa dell’ennesimo taglio ai fondi per la ricerca non aveva i mezzi per proseguire. Decisi subito di finanziarla.”

Sandy possedeva una piccola ma fiorente azienda che produceva tecnologie d’avanguardia.

“In cosa consisteva esattamente il progetto?” disse Eli.

“Detective, lei sogna?” chiese Sandy.

“Certo, come tutti.”

“Le piacerebbe essere regista dei suoi sogni?”

“Non saprei… in che senso?” chiese Eli.

“Immagini di poter scegliere gli ingredienti principali: l’ambientazione, i personaggi, l’atmosfera, i sentimenti in gioco. Elementi che poi il suo cervello rielaborerebbe liberamente per imbastire una storia capace di emozionarla e sorprenderla. Come le sembra?”

“Una prospettiva allettante” disse Eli.

“Wendy ha inventato un apparecchio così. Il suo utilizzo è molto semplice: si programma il sogno da una App, mentre si dorme si indossa un bracciale simile a uno smartwatch, e il gioco è fatto.”

Sandy sospirò di nuovo; si rimise gli occhiali. “Eravamo quasi pronte per il lancio” disse, “quando tre giorni fa Wen mi ha detto che dovevamo mollare tutto.”

“Le ha detto anche perché?” chiese Eli.

“No, ma ho avuto l’impressione che avesse paura di qualcosa, come se fosse sotto minaccia. Le ho detto di stare calma, che l’avrei raggiunta per parlarne di persona, ma quando sono arrivata da lei era sparita. E con lei tutti i progetti dell’onirigrafo.”

“È greco antico, vero? Lo scrittore di sogni…”

“Sì, vedo che anche lei quanto a erudizione non scherza.”

Eli sorrise.

“Studiare è una parte importante del mio lavoro” disse, “quasi quanto immischiarmi dei fatti altrui. E ora devo chiederle se tra lei e la dottoressa Hurt c’è qualcosa di più dell’amicizia …”

“Niente è più importante della nostra amicizia” rispose Sandy, “ma capisco cosa intende e la risposta è no. Io ho diverse relazioni con uomini e Wen non si è mai interessata a queste cose. La trovi, la prego, sono molto preoccupata.”

 

Eli non tralasciò nessuna pista; interrogò ogni dipendente della Andy D, i vicini di casa, i parenti… sembrava che la scienziata fosse davvero sparita nel nulla. Per fortuna c’era Marple, l’intelligenza artificiale programmata dalla sua community di detective. Le diede in pasto tutti i filmati delle videocamere di sorveglianza del quartiere dove viveva la scomparsa e poi dell’intera città, e riuscì così a ricostruire i suoi passi fino all’aeroporto: Hurt ci era arrivata infagottata come l’uomo invisibile, con uno zaino da laptop in spalla e un borsone blu a mano. Le sue tracce si perdevano completamente tra i gates, nessuna videocamera era riuscita a inquadrarla tra i passeggeri in coda per un aereo. Eli sfruttò ancora Marple per farle esaminare tutte le liste dei passeggeri dei voli di quel giorno, ma il nome della scienziata non c’era. Provò anche con le liste dei giorni successivi, nell’ipotesi che si fosse fermata in aeroporto prima di partire, ma non ottenne risultati. Allora si mise a scorrere gli elenchi a occhio nudo, nella speranza che le venisse qualche idea, e dopo tre ore di sbadigli e numerose gocce di collirio per la secchezza oculare, vide quel nome. “È lei” si disse, “non può essere altrimenti.”

Si scusò con Marple per non essere ancora in grado di programmarla in modo da permetterle di fare quel genere di associazioni. Forse un giorno avrebbe raggiunto anche questo traguardo.

 

Wendy correva felice nel prato; nell’aria aleggiava fresco il profumo dell’erba appena tagliata. Erano decenni che non sentiva quel profumo. C’era il grande acero ombroso, c’era la casa dalle imposte rosse, e c’era Ian che correva con lei. Si gettavano sull’erba morbida e ridevano, poi si mettevano a guardare le nuvole che galleggiavano nel cielo azzurro, giocando a riconoscere le forme che comparivano e si trasmutavano nel giro di un respiro. C’erano tutti gli ingredienti della felicità. E non c’erano bici. Le prime volte appariva sempre a un certo punto la bicicletta rossa di Ian, e l’ombra dell’incidente in cui l’avevano perso comprometteva l’atmosfera del sogno. Poi Wendy era riuscita a inserire nell’onirigrafo un comando di esclusione. Era un bel miglioramento, anche se la perfezione l’aveva raggiunta quando era arrivata a togliere la consapevolezza che si trattasse di un sogno. Ora tutto sembrava pienamente reale. Lei aveva davvero dieci anni, era in vacanza con Ian, era nella natura, ed era totalmente felice, come non lo era più stata da quando era rimasta sola. Nessuna relazione aveva colmato il vuoto lasciato dal gemello, nemmeno l’amicizia fusionale con Sandy, per quanto fosse stata importante per lei. Quando era riuscita a portare alla perfezione l’onirigrafo, per un momento aveva esultato. Ce l’aveva fatta, e tutto da sola. Certo, aveva iniziato con il team dell’Ateneo, ma da quando era passata alla Andy D non aveva più voluto che nessuno l’affiancasse e da allora aveva conseguito i risultati migliori. Non era stato difficile convincere Sandy, che era fissata con la riservatezza, e per fortuna, perché alla sensazione di trionfo era subentrato il panico quando aveva visto chiaro come il giorno quello che sarebbe successo. Doveva distruggere tutto, ma non ne aveva la forza. Doveva parlarne con Sandy, ma sapeva che lei non avrebbe capito. Doveva sparire e prendere un po’ di tempo per ragionarci sopra. E allora l’identità segreta, la fuga in quell’angolo remoto del pianeta con cui non aveva nessun legame, dove nessuno l’avrebbe trovata. E tutto il tempo del mondo per sognare Ian. Aveva dimenticato come la voce di lui fosse melodiosa e squillante e quanto fosse piacevole la fresca umidità del tappeto erboso sotto la pianta dei piedi. La vegetazione vera negli ultimi anni era stata confinata a pochi costosissimi parchi tematici, ma in sogno Wendy poteva respirare a pieni polmoni l’aria ossigenata dalle piante, e vivere a contatto con la natura senza quei piccoli fastidi che nella realtà la vita all’aria aperta le aveva talvolta procurato. Solo i ricordi piacevoli riaffioravano e si combinavano in modi sempre diversi, come se tutto facesse parte di nuove esperienze che Wendy viveva davvero. Stava dicendo a Ian che la nuvola sopra la sua testa sembrava un coccodrillo, quando ogni cosa sparì di colpo e si ritrovò sudata nel letto a fissare Sandy che si rigirava tra le mani il suo onirigrafo; doveva averglielo sfilato dal polso.

“Non farlo mai più” disse, “è pericoloso.”

“Anch’io sono contenta di vederti” disse Sandy, “ti senti bene?”

“No” disse Wendy, “come mi hai trovata?”

“Colpa del tuo nickname. Titty Rosko? Andiamo… pensavi che non l’avrei capito?”

“Tu non sai il greco antico.”

“Io no, ma Eli Marvis l’ha studiato. E mi ha spiegato che titrosko in greco vuol dire ferire, come Hurt. Non sei l’unica erudita rimasta sulla terra.”

“Chi è questa persona?” chiese Wendy, guardando con sospetto Eli che emergeva allora dall’ombra in fondo alla stanza.

“Detective Marvis” disse Eli, tendendole la mano, “mi perdoni l’intrusione dottoressa Hurt.”

“Ti sei rivolta a un’agenzia investigativa” disse Wendy, senza accettare la stretta di Eli.

“La migliore, a quanto pare” disse Sandy. “Ero molto preoccupata. Sei sparita nel nulla. Da cosa stai scappando?”

“Dalla mia invenzione” disse Wendy mettendosi a sedere sul bordo del letto.

“Ne fuggivi così tanto che te la sei portata dietro” disse Sandy, continuando a rigirarsi l’onirigrafo tra le dita, come se volesse carpirne i segreti.

“Avrei dovuto distruggerlo” disse Wendy, “ma sono troppo debole. Così l’ho portato lontano da te e dalla tentazione di farlo conoscere al resto del mondo. San, non devi assolutamente mandarlo in produzione.”

“Non lo farò infatti” disse Sandy, “grazie a Marvis sono entrata nel tuo computer e ho inviato tutti i progetti a Mister Em.”

“NO! Perché?” gridò Wendy balzando in piedi e diventando ancora più pallida.

“Perché come sai è multimiliardario e può lanciarlo in grande stile. Così potrà goderne molta più gente di quella che avrei potuto raggiungere io con la Andy D. Mi ha anche promesso di ricoprirci d’oro, ma questo è un dettaglio. Comunque avrai la tua parte, non ti preoccupare.”

“Non è questo che mi preoccupa” disse Wendy prendendosi la testa tra le mani, “non puoi capire…”

“E allora spiega.”

Wendy sospirò.

“Quando ho iniziato a usarlo per provarne l’efficacia, ho programmato sogni senza pretese: una passeggiata in un parco, un pranzo prelibato… poi man mano che lo perfezionavo ho osato sempre di più: ho sognato di volare, di trasformarmi in un grande felino estinto, di viaggiare nello spazio. E ora… be’ ora voglio solo rivivere il passato che ho perduto. L’onirigrafo produce sogni così realistici che quando sarà sul mercato tutti preferiranno i sogni a qualsiasi esperienza reale. Il nostro mondo” aggiunse, dopo una breve pausa, “non è esattamente il migliore dei mondi possibili. Da qualche anno circolano idee di rinnovamento, ci sono persone che ancora credono che sia possibile salvare il pianeta ed evitare la catastrofe. L’onirigrafo se cadesse in mani sbagliate potrebbe essere usato per mettere a tacere queste spinte riformiste e qualsiasi altra istanza di cambiamento. Forse non ci sarà nemmeno bisogno di qualcuno che lo usi per questo scopo, perché la gente spontaneamente cederà al suo immenso potere consolatorio e rinuncerà a lottare per modificare la realtà, rifugiandosi per sempre nei sogni. Diventeremo una massa di sonnambuli e questo ci porterà all’estinzione.”

“Hai troppa fantasia” disse Sandy, “è uno dei tuoi punti di forza, ma anche la tua più grande debolezza. Il nostro onirigrafo non sarà nient’altro che un nuovo giocattolo, un ulteriore svago che aiuterà la gente ad alleggerire il peso della quotidianità. Le persone sane si ricaricheranno e saranno ancora più produttive, mentre quelle malate potranno godere di un immenso conforto che allevierà le loro pene; e intanto noi faremo soldi a palate.”

“Lo vedi che non capisci?” disse Wendy, “ma ti prego, fallo per me, fidati delle mie intuizioni; fai bloccare la produzione o il mondo finirà per colpa mia.”

“Il mondo non finirà” disse Eli, che era rimasta nell’ombra ad ascoltare, “non per adesso, almeno. I progetti dell’onirigrafo non sono arrivati a Mister Em, li ho inoltrati a Marple, che li sta esaminando.”

“Che COSA hai FATTO?” gridò Sandy, stravolta.

“Chi è Marple?” chiese Wendy.

“Marple è l’IA sviluppata dalla mia community” disse Eli, “noi facciamo parte di quelle persone che come ha detto lei, dottoressa Hurt, pensano che si possa ancora salvare il mondo. È da un po’ che vi stiamo tenendo d’occhio, signora Peters. Non è un caso se ha trovato tanto facilmente delle recensioni così favorevoli sul mio conto.”

“Te la faccio pagare” disse Sandy furibonda, “restituiscimi subito i progetti che hai rubato o ti rovino la carriera, a te e alla tua piccola associazione a delinquere.”

“Faccia pure” disse Eli, “e io mi vedrò costretta a divulgare tutte le informazioni in mio possesso su come ha messo insieme il capitale iniziale della Andy D lucrando sul traffico di organi. Vediamo cosa ne pensano i suoi clienti.”

Sandy imprecò.

“San, hai davvero fatto questo?” chiese Wendy.

“Comunque i progetti non li abbiamo rubati” riprese a dire Eli, “Marple li sta esaminando a fondo, calcolando tutte le possibili conseguenze della messa in commercio dell’onirigrafo. Lo facciamo sempre quando veniamo a sapere di una nuova invenzione tecnologica. Se Marple valuterà che non ci sono rischi per il pianeta, inoltrerà i progetti a Mister Em. In caso contrario, concorderemo un risarcimento ragionevole e i progetti andranno distrutti. Di solito questo processo non viene svelato ai diretti interessati, ma avevo bisogno di incontrarla di persona, dottoressa Hurt. Vorremmo chiederle di unirsi alla nostra causa. La sua mente geniale e l’integrità di cui ha appena dato prova sono quello che ci serve per portare avanti la lotta.”

Wendy non rispose, fissava un punto della stanza come un gatto in allerta.

“Quanto tempo ci vorrà per questo ridicolo esame?” sibilò Sandy.

“Di preciso non saprei” disse Eli, “qualche ora o forse qualche giorno. Nemmeno Marple riesce a prevedere con esattezza la complessità di un problema che implica tante variabili.”

Sandy sbuffò.

“San, ti prego, ridammi il mio onirigrafo” disse Wendy con voce piagnucolosa. “Stavo facendo un sogno così dolce…”

 

“Ho fatto un sogno.” Disse Ian; erano seduti sul masso, i piedi a mollo nell’acqua fresca del torrente. “Ho sognato che tu eri grande ed eri una scienziata famosa e inventavi una macchina con cui venivi a trovarmi nei miei sogni.”

“Wow” disse Wendy, “pazzesco. Pensa se un giorno succedesse davvero.”

“Già” disse Ian, “ma chi ci dice che non stia già succedendo? Magari questa non è la realtà, ma è un sogno molto realistico e tu ci sei entrata insieme a me con la macchina che hai inventato. Non è impossibile, no? I sogni sono così strani…”

“Tu sei strano” disse Wendy, e risero entrambi. Era un pomeriggio di settembre; il clima era perfetto, come la loro felicità.

“Perché non andiamo a fare un giro in bici?” disse Ian.

 

 

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