Fammi ridere

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È una mattina di autunno.

Mentre la pista ciclabile scorre sotto le ruote della sua bicicletta, Alice P. rivede nei ricordi i suoi ultimi   mesi.

Il cambiamento è arrivato a forza di post sui social media, uno dopo l’altro, sempre impeccabili e pieni di sole, yacht, abbronzature. Quelle finestre digitali su outfit impeccabili e atmosfere patinate le hanno fatto rendere conto di quanto la sua vita fosse davvero noiosa. E che se si fossero sposati sarebbe stato così per sempre: andare al lavoro, passare un po’ di tempo con le persone del paese, cene e feste, a volte un bel film al cinema fuori città.

Si è guardata allo specchio e si è vista sciatta, incerta, grigia. Sicuramente fuori dalla competizione con   quelle ragazze sempre in forma di cui analizzava le immagini tutti i giorni.

Viaggiare. Scoprire. Studiare. Vivere qualcosa che non è mai stato.

Così si sono lasciati.

Lei glielo ha detto in auto, una sera di inizio estate, sotto un temporale caldo come le lacrime di lui, prima che la salutasse con un gesto della mano, senza dire una parola.

E così Alice P. ha iniziato una nuova vita.

Massimo C. si è fatto rincuorare dagli amici, pizze birre e amari, risate, abbracci fortissimi e offese lanciate nella notte, perché quando hai il dolore nel cuore non puoi fare altro che ululare, abbaiare nel buio denso che invade le vie e i campi.

Invece lei, Alice P., ha cambiato tutto quello che poteva, tranne il lavoro. Perché cambiare il lavoro, ha pensato, in questi momenti di incertezza, è una cosa che va valutata davvero.

Ma ha stravolto la dieta quotidiana, i giornali da leggere, i luoghi da visitare e i programmi da guardare in tv. Ha cambiato lo smartphone, comprandone uno da oltre mille euro dotato di una fotocamera pro, ha innovato il modo di vestire, il taglio di capelli, ha scelto un nuovo profumo.

Infine si è messa ad andare in bici, tutti i giorni.

Proprio come oggi, proprio come adesso.

La ciclabile della val Seriana è uno spettacolo di natura, ma per Alice P. è soltanto la sua palestra personale.

Ogni mattina, dopo aver fatto colazione, prende e va a pedalare. È un modo per mettersi in forma, per competere con le altre, o forse un tentativo di inseguire quelle cose che non aveva mai avuto nella vita.  Lo fa senza guardarsi più attorno, senza ammirare i profili nitidi del cielo disegnati dalla linea deimonti, senza respirare il profumo che nasce dall’incontro tra l’aria fredda del fiume e le fragranzepungenti dei prati. Senza sorridere agli alberi e ai galli che troneggiano fieri sul bordo di uno steccato.

Lui, Massimo C., ogni tanto l’ha incrociata, quest’estate, mentre guidava sulla statale col cassone carico di attrezzi, di sfalci, le mani ruvide e la maglia fradicia di sudore.

Ed era vero. Con tutto quell’allenamento, stava diventando più bella.

Ma lui non ci aveva mai pensato, a quello. Non come elemento centrale, ecco.

Di lei amava il carattere, la felicità. Il fatto che lo facesse sentire importante, bello.

Come quando si inventava le sue battute, cose da bar forse, che però la facevano ridere a crepapelle fino ad arrivare alle lacrime; anche se per lo più erano freddure stupide.

Al mini market sono tutti tristi, è morta della.

L’autista dei vigili del fuoco si chiama Guido Lautoscala.

Conosci Gino Mollica? È un mio amico, è buono come il pane.

Ho suonato per tre anni al conservatorio. Ma non mi hanno mai aperto.

In paese le sue battute sono sempre state accolte col gelo, ma lei invece rideva sempre, a volte guardando il cielo, come chi è convinto che la vita sia splendida e semplice e divertente e tutta da vivere.

Invece adesso eccola. Bellissima, diversa, seria, impegnata, competitiva.

Massimo C. la ammirava dal camioncino, solo per un attimo, senza rancore, senza disturbare, perché non ha mai sopportato i fidanzati che poi non ti mollano, quelli che insistono. Una scelta va rispettata, senza dire nulla. Anche se avevano già pensato di sposarsi e anche se avevano già scelto l’abitazione in cui costruire la famiglia, con un caminetto nella sala e un cortile spazioso tutto da vivere.

Una casa bella, soprattutto d’inverno. Calda e accogliente come un piumone.

Durante i primi mesi Alice P. ha cominciato a sorprendersi dei risultati. Allo specchio, la ragazza anonima che era di colpo ha fatto spazio a una trentenne tonica, vispa, abbronzata dalle ore passate all’aria aperta. Forse anche un pelo rabbiosa.

Così la sua estate è stata una stagione dedicata al migliorarsi, in ogni ambito.

A pubblicare foto di sé.

Avederegliuominiarrivareunodopol’altro,comeimoscerinidurantelavendemmia.

Sempre più bella, sempre più impegnata, ma sempre più seria.

Mentre pedala, in questo giorno di settembre, rivive tutto il film della sua voglia di cambiare, dopo mesi passati a farlo in maniera inaspettata. Non solo per lei, anche per tutta la gente del paese. Forse anche per questa ragione ieri la sua collega, durante la pausa caffè, mentre scioglieva lo zucchero con la paletta le ha confessato che: “Alice, io non ti ho mai vista come adesso. Sei uno spettacolo. Ma sai cosa mi manca di te? Che non fai più quelle risate a bocca aperta, quelle che ci allietavano la giornata. Non sei più quella di prima. E so che l’hai voluto fortemente. Però ci mancherà quella parte sempliciotta di te. Ti stava bene addosso, come un bel vestito fatto a mano”.

Parole che sono rimbombate dentro la sua testa per tutto il pomeriggio. E poi anche di notte, con gli occhi aperti a fissare il soffitto. E poi anche adesso, mentre pedala prima di andare al lavoro, come tutti i giorni.

Stava attraversando il ponte, ma si è fermata a rimirare il fiume scorrere verso la nuova stagione.

Il cielo sta cambiando, l’aria comincia a diventare fredda e, tutto a un tratto, ammirando lo scenario della valle, prova un’insostenibile fitta di nostalgia per quella versione di sé che aspettava gli autunni e la stagione delle castagne, che si accontentava di guardare la tv abbracciata al suo fidanzato e che rideva senza curarsi di sembrare sprovveduta.

Quella ragazza forse meno attraente di adesso, ma di sicuro più semplice.

È bello cambiare. Ma se perdiamo il cuore, a che serve? Se per cambiare perdiamo il nostro amore, che motivo c’è? Di essere più belli? O più tonici?

Così ripensa al suo ex fidanzato, alle promesse, all’idea che avrebbe potuto fare tutto allo stesso modo, ma senza perderlo, senza smettere di ridere per le sue stupidaggini, per le sue battute.

E allora, come impazzita, col viso rosso di sudore, tutto a un tratto impugna la bicicletta, la solleva con due mani e la lancia nella corrente del fiume. E così fa con la borraccia, il contapassi e gli snack ipocalorici.

“Che ho fatto, pensa. Cosa ho perso!”

Per ultimo impugna lo smartphone, quello che gli è costato quasi due stipendi, quello col quale si è fotografata ogni giorno raccontando la sua voglia di essere bella; muove indietro il braccio per fargli   prendere lo slancio e…

…una mano le stringe il polso, fermandola.

  • Ehi, che fai, sei impazzita?

Alice P. si volta di scatto.

Il viso accaldato di Massimo C., il suo ex, ha un’espressione sorpresa e sconcertata.

  • Ciao…
  • Che succede, va tutto bene?
  • Sì è solo che…
  • Cosa?

Sullo sfondo la ragazza nota il camioncino col motore acceso. Probabilmente lui l’ha vista mentre percorreva la statale, come fa di solito. E si dev’essere fermato perché non capiva cosa stesse accadendo.

Poi si volta verso il fiume, dove la corrente sta trascinando dolcemente le sue cose fino alla prossima piega, per poi farle sparire alla vista. Tranne che per la bicicletta, che è affondata a peso morto nell’acqua, senza incertezze.

  • Niente, va tutto bene – risponde, ansimando.
  • è solo che ho sbagliato – dice poi con la voce che si fa contrita, scoppiando in lacrime e confessandogli tutta la sua estate, le cose che ha cambiato, quelle che ha inseguito, quelle che pensava le mancassero.
  • Non avrei mai dovuto lasciarti, ma volevo solo vivere qualcosa di nuovo!

Il ragazzo rimane in silenzio, con questo vento che gli muove i capelli e con il primo sole autunnale che rende il suo viso affascinante.

  • Hai fatto bene, è stata una bella cosa. Magari non ci avremmo mai pensato, a vivere in un modo differente, se tu non avessi scelto di cambiare. Mi hai fatto riflettere molto.

Fa un sospiro, poi prosegue: – Ho deciso di rimettermi a studiare, perché è vero che amo la mia vita così com’è ma è anche giusto non farsi bastare le cose. Me lo hai insegnato tu.

  • Dici davvero?
  • Certo. E non vedo l’ora di cominciare. Anche se ti penso ogni giorno, e mi manchi da morire in ogni cosa che faccio. Mi hai dato una grande lezione, ma la cosa nuova che voglio davvero nella mia vita, sei sempre tu.

Lei lo fissa con gli occhi grandi, senza parlare.

Momenti.

Come rumore di fondo, soltanto il fragore del fiume sotto i loro piedi e il vento che scende dai monti e   romba piacevole nelle orecchie.

  • Alice io ti amo, sul serio – fa lui, con un’espressione accorata, tenendole la mano.

Alla ragazza si velano gli occhi per qualche attimo, forse un istante, prima di rendersi conto del ponte, della ringhiera, prima di osservare il fiume scorrere sotto di loro ed esplodere in una risata piena di tutte quelle che sono mancate in questa lunghissima stagione.

Io ti amo, sul Serio.

  • Non lo so perché – commenta poi, ancora con l’espressione divertita e il viso tutto a un tratto leggero
  • Non so se è la faccia che fai quando le dici, oppure il tono di voce, ma io amo questa cosa di te. Che mi   fai ridere!
  • E cosa ho detto? Che ti amo sul serio?
  • Ahahahaha!!!
  • Ti faccio così divertire? – domanda lui, partecipe, pur senza capire.
  • Sì, tanto, tantissimo – risponde lei, che adesso è come se fosse quella di sempre, solamente un po’ diversa da prima.
  • E allora sposami.
  • Solo perché mi hai fatto ridere?
  • Forse. O forse perché non posso vederti fare cose pazze come lanciare telefoni dai ponti.
  • E quindi è solo perché mi hai preso in cast…”

Stava per usare un luogo comune, ma non è riuscita a terminare la frase. Un’altra risata, questa volta da   lacrime agli occhi, l’ha sorpresa, come una raffica di vento di felicità.

  • Non ho detto niente, adesso – commenta lui, stupito.

Alice Presa fissa l’espressione interrogativa di Massimo Castagna e, immaginando i cognomi sul citofono non riesce a smettere di ridere.

Ce n’è da far divertire tutti: l’anagrafe, i volantinari che citofoneranno per la pubblicità, quelli del gas, i ragazzi delle pizze a domicilio, gli amici, i parenti.

  • Ci prenderanno in giro tutti per il nome sul citofono lo sai?
  • Per cosa?
  • Diranno:Presa in Castagna” ahahaha
  • Aaaaah – fa lui – ma è solo un cartellino, possiamo anche scrivere un’altra cosa.
  • Tipo?
  • Che ne so, famiglia Lampa, Dario e Dina, Cinesca Sara, Rispetto Massimo oppure…
  • Dai smettila! – fa lei, coprendogli la bocca con la mano per poi scostarla, avvicinare le sue labbra e baciarlo.

Mentre il fiume porta via le cose che hanno fatto parte di un semplice periodo, ma sicuramente utile, si rende conto di quanto sia stupendo avere di fianco una persona che ti fa ridere tutti i giorni. Anche in modo scemo come fa lui.

E che una storia d’amore forse dev’essere davvero così.

Deve farci venire le lacrime.

Ma di felicità.