Il viaggio di Sisifo. Storie di rivolte contro l’assurdo e altri ritorni
(Prospero Editore) è il nuovo libro di Nicolò Cesa. Prima opera di narrativa, questo libro fatica a essere racchiuso in una categoria e lo stesso autore preferisce non definirlo un semplice racconto di viaggio. Il 32enne ex-consigliere di Carugate è già autore di due guide di viaggio per l’editore Morellini sulla Serbia e l’Islanda, luoghi con cui ha un profondo legame, protagonisti, insieme ad altri come l’Ucraina o la Polonia, anche di questo libro. «Oltre ai luoghi, in questo libro, troverete molto altro – ha scritto l’autore – Troverete innanzitutto me, la mia geografia, la mia provincia, l’impegno politico, le disillusioni, le scelte, la curiosità, l’amore per la libertà, le cadute, le rivolte».
Il viaggio e il ritorno
«Viaggiare è come tornare alle nostre radici ancestrali» scrive nella postfazione Nicolai Lilin, l’autore di Educazione Siberiana, che Nicolò aveva intervistato quando scriveva per una rivista. Il viaggio di Sisifo non si limita a riportare resoconti e aneddoti di viaggio, ma esplora invece il significato dell’allontanarsi per fare poi ritorno al punto di partenza come uomini nuovi. «Il viaggiare per fare ritorno è il contrario di un viaggio romantico – ha detto l’autore – Non sono un viaggiatore romantico, solo una persona che desidera scoprire il mondo. Uno può pensare “oggi cambio vita, lascio tutto e apro un chiringuito sulla spiaggia”, ma è solo uno sfuggire alle certezze, il viaggio è il contrario di una fuga».
Senza l’amore per il viaggio forse questo libro non sarebbe mai esistito. I ricordi e le storie si sono accumulate alle spalle di Nicolò chilometro dopo chilometro, a partire da quel viaggio compiuto a 23 anni quando con un amico, un camper sgangherato e pochi altri mezzi aveva lasciato Carugate alla volta dell’Islanda, una terra bellissima e lontana, che ha cambiato per sempre la sua vita. «In Islanda ho visto l’aurora boreale per la prima volta – ha raccontato l’autore, parlando di una delle storie contenute nel suo libro – Quel pomeriggio avevamo notato delle nuvole e un islandese all’uscita di un museo mi aveva detto che quelle erano nuvole d’aurora boreale. Durante il viaggio avevo continuato a guardare il cielo: avevano la forma di una lisca di pesce e rimasero per tutto il giorno. Ero convinto che quella sera l’avremmo vista. Il mio amico invece aveva un’applicazione che indicava dei valori troppo bassi perché si potesse verificare. La sera ho notato del movimento fuori dalla finestra del camper, ho pensato fosse un peschereccio in mare. Quasi involontariamente ho aperto la finestra sul retro, quella che non aprivo mai: ho visto il cielo che esplodeva, sembrava il vestito verde di una dama che danza».
Il mito di Sisifo
«
Per me viaggiare vuol dire conoscere la gente del posto, – ha spiegato Nicolò – presuppone uno scambio, un’interazione, una conoscenza del territorio. I luoghi sono solo un pretesto, ciò che mi interessa davvero sono le persone. Viaggiando mi sono accorto che tutte le persone, anche stando ferme, compiono un viaggio, che poi non è altro che il viaggio della vita».
Dopo aver fatto ritorno a casa molte volte e aver accumulato tante storie, Nicolò ha sentito l’esigenza di raccoglierle in un libro. La stessa esigenza che ha riconosciuto in uno degli autori a lui più familiari, Albert Camus, a cui viene fatto omaggio proprio nel titolo, quel Sisifo che richiama il mito dell’uomo condannato a trascinare per l’eternità un masso su e giù per una montagna, come in un viaggio di andata e ritorno all’apparenza senza significato, ma di cui qualcuno riesce a vedere le coordinate. «Proprio tornare è la fase creatrice del viaggio, sempre che in partenza tu non si stia fuggendo da qualcosa. Il libro parla di questo: storie di persone che evitano di scappare. Io stesso non stavo scappando da nulla, stavo solo vivendo la mia vita. Mi sono detto “Se posso vivere suonando in strada guadagnando quaranta euro al giorno, a me non interessa ciò che la gente pensa” e anzi, è stato proprio questo che poi mi ha fatto conoscere alcune delle persone con le quali ho lavorato, per esempio».
I viaggi con i CAG
Alcuni dei ritorni più belli nei ricordi evocati dallo scrittore nel libro, sono quelli verso Cracovia dopo aver fatto visita al campi di concentramento di Auschwitz, dove accompagnava i ragazzi di alcuni dei centri di aggregazione della Martesana. «Ho notato degli atteggiamenti tipici nei gruppi di ragazzi che accompagnavo in visita ad Auschwitz. Durante il ritorno in pullman per i primi dieci minuti stavano in silenzio, erano provati. Poi a un certo punto, vedevo un ragazzo prendere coraggio e andare a sedersi a fianco della ragazza a cui faceva il filo da tempo, ma non glielo aveva mai detto. Era come un paradosso: dopo aver visto l’abisso del mondo i ragazzi trovavano il coraggio di confidarsi alla ragazza che gli piaceva o qualcuno non particolarmente interessato a Cracovia mi chiedeva di uscire quella sera stessa e pensava che quella fosse la città più bella del mondo. Un’esplosione di vita».
Progetti futuri
Intanto l’autore continua a collezionare storie: «Scriverò ancora, ho già nuovi racconti. Di certo so solo che a breve uscirà la nuova edizione della guida dell’Islanda, finito quello mi metterò a pensare a un libro nuovo. Il prossimo – ha detto – vorrei che non avesse a che fare con i viaggi, vorrei scrivere narrativa pura e lasciare da parte il mondo esterno. Saranno forse dei racconti o un romanzo, ma il centro non saranno più i luoghi o i miei viaggi».