É Gorgonzola, città natale con la sua storia e il suo passato, a fare da sfondo alle poesie e ai romanzi di Pier Carlo Beretta, classe 1953, vogherese di adozione per amore di Laura, e con la passione per la bici e la montagna.
L’amore per la poesia come un inno alla vita e alla sua bellezza
«Ho cominciato a pensare a piccole poesiole in rima già alle scuole medie, poi man mano le ho sostituite con composizioni più ironiche o addirittura goliardiche
– ha raccontato Pier Carlo. – Le mie poesie – ha proseguito – nascono all’improvviso, da un’immagine o spesso solo da un pensiero. Alcuni stati d’animo particolari, come la tristezza o la gioia improvvisa, mi aiutano. Talvolta ci sono periodi avari di idee e altri più proficui. Mi piace molto la rima baciata perché dona musicalità ai versi».
La poesia Le Sante Donne tratta dal suo primo libro La pazienza dei fiori è risultata terza al Premio Caterina Martinelli di Roma. «L’ho scritta nel 2012 e l’ho dedicata a mia madre. Osservavo le donne di una certa età che, rimaste sole, cercano compagnia in chiesa sperando che Dio le ascolti e che tenga loro un posto lassù o da qualche parte. Giunte a casa ritornano sole e il loro cuore è accanto alla fotografia del loro uomo defunto».
L’approdo alla scrittura
Da poeta ad autore di romanzi, il passo è stato breve. Sono due i libri di narrativa che l’autore ha pubblicato: nel 2013 La cascina del Re e Il Dio del fieno, anch’essi finalisti al Premio Caterina Martinelli. Pier Carlo, che comunque continua sentirsi più poeta che romanziere, ha spiegato: «Ho iniziato a scrivere un po’ per scommessa e un po’ per cocciutaggine. Ho scoperto che non posso più farne a meno: creo un mondo solo con quello che ho in testa. La poesia per me sta nell’aria e va catturata mentre la scrittura sta nella mente. Entrambe passano dal cuore, naturalmente».
L’ultima fatica, Rosa dei Mangiaterra, è un inno alla civiltà contadina di un tempo: i riti, i colori, i sapori e gli odori di una Gorgonzola che non c’è più ma di cui rimane vivo il ricordo, da tramandare alle generazioni future. «Racconto ciò che ho vissuto perché è la mia origine, là dove pesco i ricordi fatti di immagini, emozioni e sentimenti. Amo molto le storie un poco “magiche”, come quelle della letteratura latinoamericana. Ne ho creata una mia, quasi “epica” e in bilico sul confine tra realtà e sogno, come dovrebbe essere la vita di ognuno di noi».
Il processo creativo
L’autore, legato al passato e alle sue origini, ha spiegato come procede quando intravede il principio di una storia: «Parto da quello che ho in testa, un abbozzo di un racconto, conoscendone l’inizio e la fine, poi elaboro tutto quello che c’è in mezzo, costruendolo e modificandolo man mano che scrivo. I personaggi principali devono assomigliare a qualcuno che conosco alla perfezione, poi mi immedesimo nelle loro teste e nei loro cuori e mi auguro che il lettore possa riprovare le stesse sensazioni, quelle che anche io ho vissuto, in una miscellanea di amore, passione, tradizione e cultura».
Augusta Brambilla