Il sonno ti può giungere lievemente, come l’abbraccio di un bradipo al suo ramo o lo scatto
fulmineo del cobra sulla sua preda.
E’ nel sonno, profondo o lieve, che compaiono i sogni.
Possono essere di gioia, di paura, turbativi o esaltanti, a volte erotici o malinconici.
In essi comunque scompare la falsità.
Il sogno è anche reminiscenza di ricordi sopiti o dimenticati.
Prevalentemente, qui in carcere, si tende a parlare dei sogni come giudici o boia delle nostre paure.
L’altro giorno ho sognato mio figlio, in una brutta situazione: si stava drogando.
Mi sono svegliato di colpo, sudando freddo, impotente di fronte a quella che poteva essere una
realtà, ma in quel momento era soltanto una mia paranoia.
In quel momento ho sentito la morsa del boia: se il sogno fosse vero, sarebbe solo colpa mia, perché
io l’ho abbandonato, io non ci sono stato quando aveva bisogno di me… lo non c’ero a guidarlo
come avrebbe avuto bisogno.
A volte qui dentro sei come questi sogni: inutile alla vita.
Ricevi notizie, elabori risposte e soluzioni ma la tua immobilità ti rende inerme verso la realtà.
Sognare?
Sognare, vuol dire dormire. Come si può dormire con negli orecchi i lamenti di tutti coloro che stai
facendo o hai fatto soffrire?
Dormire? No.
Solo paura, disperazione, malinconia e…, rimani lì, in silenzio immobile, nel tormento che ti dà il
ticchettio inesorabile della tua anima sepolta sotto il cuscino.
A volte il sogno mi sveglia, proprio nel momento in cui stavo per rivivere i momenti di felicità, con
mia madre ed i miei fratelli, quando eravamo uniti e felici…
Non c’è pace, la gioia non abita più in me.
Mi sveglio ancora, per pensare a mia moglie e ai miei figli. Quando ho visto nascere l’ultimo fu la
gioia del momento, che ancora dura.
Anche il dormiveglia mi aiuta a rivivere altri momenti vissuti ed indimenticabili, per poi
riaccompagnarmi nel dolce tepore del dormire.
Nel silenzio prodotto dal sogno, dal sonno e dal dormire, ne è uscito questo lieve “appello” .
Il vociare del giorno allevia le pene.
ll brusio della notte, riporta alla dura realtà.
<Silenzio vuoi essere mio amico?>
Milioni di storie si intrecciano nei corpi smembrati e nelle menti degli uomini rei di se stessi.
Nel caos le dimensioni vanno perdute e tutto sfocia in ilarità e risse.
Le ombre nel buio disegnano sui muri in un rimestio insolente le tristezze e le pene dei cuori
affranti.
I muri racchiudono lo spazio in un fetido tugurio, dove la morte lenta distrugge le anime erranti,
per sfuggire alle accuse partorite dal pentimento.
A volte fioche, a volte accecanti, le luci della notte disturbano e incoraggiano le paranoie, i sensi di
colpa, la vigliacca paura.
I rumori, le urla, i tanti lamenti del popolo dell’ombra, privo di libertà.
Tutto scandisce il tempo, che porta alla fine. Neanche la libertà potrà ridare la vita, dopo aver
vissuto in questo inferno. Non sono le mura a segnare il confine da cui non si uscirà mai.
Non rimani che tu…
< Vuoi essermi amico o silenzio? E’ te che temo di più, è da te che viene la paura… se vorrai essermi
amico, è allora che non avrò più paura…. Silenzio, vuoi essermi amico? >