Il caso Ceme è arrivato fino in Regione Lombardia, ma le speranze per i 97 lavoratori dello stabilimento di Carugate rimangono appese a un filo. Con un annuncio improvviso, lo scorso 5 giugno, l’azienda specializzata nella produzione pompe a vibrazione ed elettrovalvole, ha recapitato una lettera di licenziamento per i 97 dipendenti dello stabilimento di viale del Lavoro a Carugate, annunciando la contestuale chiusura del distaccamento carugatese.
Un fulmine a ciel sereno per gli operai, che fino a maggio erano impegnati in turni straordinari, lavorando anche nel weekend. «Vogliamo denunciare questo abuso di potere nei confronti di noi lavoratori – è l’appello di un’operaia impiegata nella Ceme da 21 anni– il lavoro non manca, le produzioni sono diminuite per scelta dell’azienda e quando siamo venuti a sapere della chiusura siamo rimasti sbalorditi». Subito si sono attivate le istituzioni, Comune di Carugate e Regione su tutte, i sindacati e le RSU per cercare di scongiurare la drastica decisione.
Nel corso dell’audizione alla Commissione Attività Produttive in Regione di giovedì 15 giugno, i vertici aziendali, nella figura dell’Amministratore delegato Zecchi, hanno incontrato le rappresentanze sindacali dei lavoratori e le istituzioni, rappresentante anche dal sindaco Luca Maggioni. Nonostante una disponibilità da parte dei lavoratori a diminuire i costi del lavoro, l’azienda ha ribadito la sua posizione, già espressa con un comunicato il 5 giugno. Nella nota della Ceme si legge che la «riorganizzazione si è resa necessaria alla luce dell’accresciuta concorrenza nei mercati di riferimento in cui opera il gruppo a livello mondiale, che richiederà alle imprese di essere sempre più capaci di garantire ai propri clienti alti standard qualitativi». La produzione attualmente a Carugate sarà affidata a terzisti locali.
Dalla Commissione arriva la voce di Fabio Pizzul, consigliere regionale Pd originario di Carugate: «La Ceme non era tra le aziende oggetto di attenzione, i bilanci sono positivi e si tratta chiaramente di una scelta a carattere finanziario più che produttivo. La Commissione ha ribadito con forza che la Regione mette a disposizione delle aziende una serie di progetti per garantire il recupero di risorse».
Per chi vede ogni giorno la situazione dall’interno infatti la realtà è diversa: «I costi li hanno creati i vertici aziendali, quando un anno fa hanno deciso di trasferire parte della produzione nello stabilimento di Trivolzio. È stato creato tutto ad arte per arrivare a questa situazione: dall’invio della comunicazione ci sono 75 giorni di trattative, che scadranno in pieno agosto, quando le istituzioni saranno in vacanza e per noi lavoratori sarà più difficile chiedere aiuto» denuncia un’operaria, che preferisce non rivelare la propria identità.
A poco più di dieci giorni dalla notizia , i lavoratori hanno messo in atto 10 ore di sciopero e fatto sentire la propria voce, affiancati dai sindacati Rosy Baioni (FIOM CGIL) e Andrea Ricci (FIM CISL). Attivo anche il sindaco Maggioni, insieme all’assessore Francesco Corrias: «È una notizia che ci rammarica, esprimiamo solidarietà ai lavoratori. La Ceme ha dato tanto a Carugate, ma è vero soprattutto il contrario. Quello che vogliamo e possiamo fare noi come amministrazione è di favorire un dialogo continuo tra le parti, c’è poco spazio di manovra ma continueremo a farci sentire».
I lavoratori colpiti dall’improvviso licenziamento vanno dai 30 ai 55 anni, circa 30 risiedono a Carugate. «Molti di noi hanno anche altri problemi di tipo lavorativo in famiglia. Siamo stati abbandonati ma continuiamo a lavorare altrimenti ci rovineremmo da soli, la situazione psicologica è molto stressante» racconta ancora una delle dipendenti.
«In questo momento – fa sapere Pizzul – la priorità è di provare a far ritirare il piano di licenziamento e stiamo tentando di capire se ci siano margini. Il tema degli ammortizzatori sociali ai lavoratori verrà sicuramente discusso, ma solo in un secondo momento».
LUCA CASTELLI
Foto di copertina FIOM CGIL Milano