Quando si segue il volo di un palloncino che si alza nel cielo, c’è un momento preciso in cui si passa dal vederlo piccolo, piccolissimo, al momento in cui non lo si vede più, l’occhio non lo raggiunge più con lo sguardo, ma il palloncino continua a salire. E’ un attimo brevissimo che segna la presenza, dall’assenza.
In un attimo così breve e completamente imprevisto, Biagio Di Nardo, 68 anni, vicepresidente della Compagnia della Mongolfiera, se n’è andato, tenendo la mano all’amico Roberto Pirruccio, nella sede ancora non inaugurata dell’associazione, dove nella mattina di venerdì 13 gennaio, stava mettendo ordine alle cose da fare, alle incombenze da svolgere, insomma, la quotidianità. A nulla sarebbe servito l’intervento del 118, quel giorno in tilt a causa dell’emergenza ghiaccio; purtroppo la rottura di un’aorta non gli avrebbe lasciato comunque margine di speranza. Nel giorno dei funerali, il figlio Mauro e la moglie Elisabetta, hanno accolto amici e parenti con la grandissima compostezza di un dolore dignitoso quanto ancora improvviso, inaspettato e spaesante.
“Ricordiamo una persona gentile, con tanta voglia di vivere e di appassionarsi, piena di idee, entusiasmo e interessi -ha ricordato Roberto Pirruccio, della Compagnia della Mongolfiera, in un ricordo personale che ha incluso anche il pensiero della famiglia- Non si è mai tirato indietro di fronte agli impegni e sacrifici che ha incontrato, e nonostante la sua testardaggine e tenacia, è sempre stato disponibile ed affettuoso”.
Biagio era una persona curiosa e con estrema voglia di conoscere e sapere. Aveva lavorato per anni come tecnico televisivo, nell’umiltà del dietro le quinte che non si vede ma fa la gran mole del lavoro. Frequentava la palestra, l’università, il corso d’inglese, teneva a mente con dovizia di particolari i dettagli della storia, le date, e amava confrontarsi, scambiare opinioni anche in modo vivace, ma sempre nel rispetto delle idee altrui, senza mai giudicare.
“La mongolfiera che Biagio amava tanto, con il suo risalire al cielo ci aiuta come simbolo forte di quello che è il viaggio verso l’alto che tutti noi compiamo da quando nasciamo. Il vero messaggio che portiamo a casa dalla vita di Biagio, è che bisogna sempre tendere all’alto, mai accontentarsi di una vita tiepida vissuta al ribasso, quasi rasente a terra. Bisogna sempre, volare alto”. Don Vittorino Zoia, ha ricordato così Biagio Di Nardo durante le esequie di mercoledì, che hanno visto la presenza di amici, familiari, compagni di corso alla scuola d’inglese, e della Compagnia della Mongolfiera al completo, che ha depositato il cappello ottocentesco che Biagio usava nelle uscite ufficiali in costume (foto sopra, il secondo da sinistra).
“Nulla potrà sostituire la tua presenza così attiva –recitava ancora il saluto di Pirruccio e della famiglia- possiamo solo ispirarci a te e tenere nel nostro cuore almeno una parte della bontà d’animo che hai dimostrato, per farci coraggio e proseguire il cammino che ci aspetta”.
Col cuore pesante non ci si alza in volo, ma guardando in alto arriverà presto il tempo per tornare ai sorrisi, ricordando quello di Biagio, che fa scappare il suo gatto sotto il letto perché esulta urlando al goal dell’Inter, che legge il Corriere appena comprato e beve un caffè al bar in compagnia degli amici, o che si alza in volo, in mongolfiera, ancora una volta.