Era il 10 giugno quando alcuni Consiglieri Regionali Pd, tra cui la Vicepresidente del Consiglio Regionale Lombardo Sara Valmaggi, avevano partecipato alla manifestazione dei lavoratori dell’ ASST Melegnano e della Martesana (Azienda Socio Sanitaria Territoriale, ovvero la ex Asl), per la richiesta di un piano organizzativo generale del lavoro, e per l’esigenza del settore infermieristico di avere nuove leve e rinforzi tra il personale, di modo da poter far fronte alla legge che impone 11 ore di riposo tra un turno di lavoro e l’altro. La situazione era chiara: il neo direttore generale, Dottor Alparone, nominato all’inizio dell’anno, attestava le sue posizioni su tutt’altra posizione: nessuna carenza di personale, anzi, esuberi, e messa in discussione da parte sua, della relazione stilata da una commissione tecnica che evidenziava invece la necessità di nuove assunzione tra gli infermieri (qui).
Valmaggi aveva dato quindi appuntamento a lavoratori ed organizzazioni sindacali per un’audizione in Commissione Regionale Sanità, con una considerazione generale: i nodi di questa riforma sanitaria, a meno di un anno dalla sua approvazione, stanno venendo al pettine riassunti in una mancanza di identità e in un indebolimento dei servizi territoriali. Dal particolare quindi, il caso infermieri, sono saltate fuori numerose altre rivendicazioni da parte dei lavori della ASST Melegnano e della Martesana, del personale, di chi si occupa di erogazione di servizi sanitari sul territorio.
“Per la Martesana resta il problema irrisolto della mancanza di personale, soprattutto infermieristico, in un presidio ad alta percentuale di lavoro interinale – ha spiegato Sara Valmaggi- Oggi abbiamo audito la RSU ma, soprattuto in previsione della stesura del piano organizzativo aziendale (POAS), è fondamentale conoscere le intenzioni dei vertici aziendali, per questo abbiamo fatto richiesta di audizione del Direttore Generale Alparone. Inoltre ancora si risente, di una mancata chiarezza sull’identità dei singoli presidi oltre che di un indebolimento dei servizi territoriali: paradossale, dal momento che la riforma in teoria partiva proprio da quel principio”.
Come si evince da alcuni dati forniti dal Gruppo Consiliare PD che ha lavorato sulla Sanità, la maggior parte del personale delle ex Asl della Città Metropolitana è rimasto nella nuova ATS, che a differenza dell’ente che l’ha preceduta ha meri compiti programmatori, non più di erogazione di cure e servizi, che secondo la riforma devono essere forniti dalle ASST. Dunque, all’ATS è rimasto il 64,5% dei dipendenti (1838 tra amministrativi e personale sociosanitario), mentre solo il 35,5% è transitato verso le ASST: solo un terzo è rimasto sul campo a erogare servizi. Per quanto riguarda lo specifico della nostra ASST, questa rappresentata nel grafico qui sotto è la situazione (cliccare per ingrandire).
“La riforma di Maroni della sanità lombarda laddove è partita sta dando esiti opposti a quelli promessi – aggiunge il capodelegazione Dem in Commissione consiliare Sanità Carlo Borghetti – Occorreva dare più servizi sul territorio e realizzare l’integrazione tra sanità e prestazioni sociosanitarie, ma al momento così non è, e intanto si sta accumulando un grande ritardo su diversi fronti, basti dire che i piani aziendali delle ASST non saranno certamente operativi prima dell’inizio del 2017, mentre si paventano chiusure di servizi nei diversi territori. La sanità lombarda si sta indebolendo, soprattutto quella pubblica. Occorre prendere contromisure senza perdere altro tempo”
Il territorio coperto dalla nostra ASST, è ampio e vasto, e la necessità dia vere risorse umane sufficienti per svolgere il lavoro in modo efficace, diventa una questione fondamentale, che si lega ad un altro aspetto non irrilevante che tocca i presidi di Cernusco e Melzo: “Vi è un mancato impegno della direzione di intraprendere una strada precisa, così c’è il rischio di un impoverimento e svuotamento delle specialità, visto che in questa zona si registra la presenza di un alto numero di servizi sanitari privati che può rendere residuale il servizio pubblico sanitario”, ha aggiunto la Vicepresidente Valmaggi.
Durante l’audizione è stato quindi ribadito come i servizi territoriali, rispetto alla rete ospedaliera, restino una Cenerentola: “La riforma avrebbe dovuto puntare proprio sul territorio, dove i bisogni sono più forti, soprattutto sul disagio psichico e le nuove fragilità -prosegue la Vicepresidente- Abbiamo votato contro perché questo pezzo di riordino non migliorerà le risposte ai problemi più urgenti dei cittadini: riorganizzazione dei servizi, presa in carico e monitoraggio delle risorse, restano senza garanzie. In conclusione non ci siamo, si tratta di una riforma spezzatino, senza un’idea generale, e non possiamo che dirci contrari ancora una volta a un’evoluzione non adeguata ai territori e ai bisogni dei lombardi“.
Sempre nella comunicazione dei Dem in Commissione Sanità, si legge di come siano state annunciate chiusure ambulatoriali, di quanto i ritardi nella creazione di ospedali territoriali per cure di media e bassa intensità, abbia costretto i cittadini a fare riferimento ai pronto soccorsi anche per cure non urgenti (negli ospedali della Città Metropolitana, nel primo trimestre del 2016, l’incidenza dei codici verdi e bianchi si attesta ancora al 89,65%). Altri disagi sarebbero legati ai ritardi e alle defezioni nella consegna di ausili e protesi dovute ad una ancora confusa riorganizzazione delle funzioni tra ATS e ASST, i cui ruoli specifici attualmente paiono ancora non del tutto definiti chiaramente.
C’è dunque agitazione e preoccupazione che si evince dagli incontri tra le autorità e i rappresentanti delle ASST, incontri che non ancora dato una svolta decisiva: “Il problema vero di questa riforma resta la norma finanziaria che non investe risorse aggiuntive a carico del bilancio: non si possono avviare dei cambiamenti così sostanziali a costo zero” ha concluso Sara Valmaggi, assicurando poi un monitoraggio particolare e costante sullo sviluppo delle aziende della Città Metropolitana, e un’attenzione speciale ai nodi critici.
FRANCA ANDREONI
GIORGIA MAGNI