COLOGNO
“DI TERRA E DI MARE”: LA VOCE DEI MIGRANTI RIPERCORSA DAGLI STUDENTI DELL’ ISTITUTO LEONARDO DA VINCI

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Lo spettacolo presentato dai ragazzi dell’ istituto Leonardo da Vinci di Cologno Monzese venerdì scorso, non è stata una classica piece teatrale, quanto piuttosto una lunga narrazione che ha preso spunto dal libro “Di terra e di mare. Donne e uomini nella migrazione” di Marzia Alati, che conosce bene il mondo dei migranti, sia per aver insegnato italiano agli stranieri, sia per averli conosciuti e frequentati per realizzare le interviste pubblicate.

L’evento è la fase finale “di restituzione” come si usa dire, del progetto interculturale scolastico ormai ben radicato, “La voce dell’altro”: “Perché -come ci dice il Dirigente Davide BonettiI ragazzi si sanno mettere in gioco. Cultura della condivisione, voglia della scoperta dell’altro non sono parole vuote, fa parte della loro crescita civile e culturale. Che tradotto significa opportunità per loro, perché possono esprimere capacità e qualità che non sempre la quotidianità della scuola riesce a tirare fuori. Inoltre l’istituto ospita da anni tanti studenti stranieri e la convivenza per noi è realtà”.

Quattro le classi che hanno partecipato al progetto e tradotto in un racconto inedito il loro punto di vista sull’immigrazione, declinando questo fenomeno molto attuale su tre cardini: casa, viaggio e sogno. Casa come radici, Viaggio come cambiamento, e Sogno come desiderio. Quindi ecco gli studenti mostrare cartelli con la definizione di casa come luogo di affetti, sicurezza, accettazione per quello che si è; e poi il viaggio, che è partenza e che significa portarsi dietro oggetti, foto e i tanti ricordi che danno sicurezza. Qui i ragazzi hanno utilizzato le cassette della frutta a mo’ di valigia, con una foto, un pupazzo, una spazzola per capelli piuttosto che scarpette da ballo, come sfondo alle storie che ripercorrono le proprie radici. Infine ecco il ricordo e le sue storie, due prese dal libro di Marzia Alati, quella di Pablo, sudamericano, e Sine, africano. Ma poi “il ricordo diventa di tanti”, lo ripetono le parole di due studenti, ed è sempre accompagnato dal sogno, dal desiderio. Ciò che siamo quando partiamo dal nostro paese e ciò che vorremmo essere dove arriviamo con i nostri sogni vissuti come ambizioni, come realizzazioni che spesso si scontrano con la dura realtà, con l’adattarsi, con il dover vivere.

“E’ stato un lavoro collettivo – ci spiega l’insegnante Laura Sferch responsabile del progetto- frutto di parecchi incontri sia reali che metaforici sul viaggio, lo spostamento, il muoversi del migrante. E ancora abbiano affrontato quanto sia possibile partire senza partire, viaggiare attraverso gli incontri che facciamo tutti i giorni per le strade della nostra città, con chi l’immigrazione l’ha vissuta sulla propria pelle”. Marzia Alati, autrice del libro e ispiratrice dello spettacolo, aggiunge: “I ragazzi sono stati bravi nel raccontare storie, nell’affidare pensieri che parlano di sogni, di voglia di viaggiare, di precarietà e di difficoltà nell’immaginare un futuro, di paure, di cambiamento e di ricordi”.

Senza titolo1Nell’atrio dell’istituto, Mor Talla Seck, artista originario del Senegal e migrante, ha esposto la sua opera “Pensieri sospesi fra terra e mare”: barche rovesciate, uomini sulla spiaggia o caduti in mare, da cui emerge il dramma di chi affronta un viaggio disperato, con la propria individualità e storia particolare. L’opera è nata dopo un naufragio avvenuto nel Mediterraneo dove morirono 380 naufraghi. Ecco 380 statue rappresentate, tante quante le vittime, a testimonianza del suo impegno nel voler sensibilizzare sul destino del migrante e del profugo. Un particolare che testimonia la sua sensibilità verso l’altro e il diverso, e che nell’opera porta l’aiuto dei ragazzi disabili del centro Noi Come Voi di Galliate.

Sono storie di una e di tante persone –ha concluso Marzia Alatistorie che raccontano di un presente di cui tutti noi facciamo parte. L’immigrazione c’è sempre stata come le rondini che migrano in primavera, e quindi, se un giorno le rondini avessero bisogno del permesso di soggiorno, non esisterebbe più la primavera ?” La risposta l’abbiamo nella cronaca quotidiana, quella dei tanti sbarchi, non a caso gli studenti terminano lo spettacolo con una barchetta rossa in mano, per sottolineare che nel viaggio ci siamo dentro tutti noi. Sempre e comunque.

FRANCA ANDREONI