Il Tar ha dato ragione a Ilde Facchi: la donna aveva diritto di entrare in possesso della documentazione inerente la Commissione VI (commissione segreta) in cui si riunì l’amministrazione il 9 settembre 2014, e aveva diritto a farlo perché aveva un contenzioso in sospeso col Comune, e per tale ragione gli atti della seduta erano parte rilevante per difendere i suoi interessi in tribunale. In breve, è questo ciò viene stabilito dai Magistrati Leo, De Vita e Spampinato, con la sentenza n° 01094 del Tribunale Regionale per la Lombardia.
ANTEFATTO
Il tutto risale alle vicende del settembre 2014, quando Ilde Facchi sollevò la questione Econord (qui e qui), dopo aver documentato una presunta irregolarità dei dipendenti della ditta, che stando alle ricostruzioni fatte all’epoca dalla donna, parevano timbrare a Cologno per poi spostarsi a lavorare a Rho. A seguito di questa miccia accesa, il Sindaco Mario Soldano chiese ed ottenne la convocazione di una commissione segreta, secondo quanto previsto dall’art. 12, comma 2, del Regolamento del Consiglio comunale.
Nei giorni successivi alla commissione segreta, la signora Facchi apprese che argomento di discussione non era stata la vicenda Econord, quanto piuttosto la sua persona, e il ruolo che ebbe nell’evoluzione delle indagini che portarono all’arresto di Diaco e Cantalupo (qui).
LA RICHIESTA DEGLI ATTI NEGATA E IL RICORSO AL TAR
L’azione della Facchi fu immediata, chiedendo da subito gli atti della seduta, negati dalla Dirigente dell’ Area Affari Generali del Comune di Cologno, proprio per la natura segreta della commissione, tutelata dallo stesso regolamento comunale. A quel punto, sicura di avere la ragione dalla sua, la donna è ricorsa al TAR.
Va detto che esiste un articolo nel Regolamento del Consiglio Comunale (art. n° 12 comma 2) secondo il quale “il Presidente convoca la commissione in seduta segreta esclusivamente per la trattazione di argomenti che comportano apprezzamento del comportamento o della moralità di persone o quando la pubblicità dell’adunanza può arrecare danno agli interessi del Comune.” Il Comune di Cologno, visto che Ilde Facchi non aveva impugnato direttamente questo articolo, si appellò proprio a questa ragione per costituirsi in giudizio e chiedere l’annullamento del ricorso.
LA SENTENZA DEL TAR
Questo elemento non ha convinto il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, che ritenuto importante il contesto nel quale è avvenuto il procedimento avviato dalla Facchi (contenzioso aperto con il Comune), ha quindi ritenuto che da parte del Comune di Cologno “La motivazione del diniego, seppure stringata, risulta certamente sussistente, ma non appare legittima” si legge nel testo della sentenza depositata il 4 maggio 2015, che prosegue : “qualora l’accesso ai documenti amministrativi sia motivato dalla cura o la difesa di propri interessi giuridici, esso prevale sull’esigenza di riservatezza dei terzi”, e conclude: “il ricorso deve essere accolto, con il conseguente annullamento dei provvedimenti di rifiuto di accesso […] ordinandosi per l’effetto l’esibizione della documentazione richiesta dalla ricorrente.”
Entro 30 giorni gli atti di quella Commissione Segreta del 24 settembre 2014 saranno dunque nelle mani di Ilde Facchi, e nel frattempo il Comune dovrà inoltre risarcire le spese di giudizio per un totale di 2.000 euro oltre a I.V.A. e C.P.A., e rifondere un contributo unificato sempre a favore della donna.
“Ora, i cittadini colognesi dovranno pagare tutte le spese processuali oltre l’avvocato del comune per la decisione assunta da questa Giunta Comunale di proseguire con il ricorso, pur sapendo che l’accesso agli atti era un atto dovuto -ha commentato Ilde Facchi– Credo proprio che vi siano estremi per danno erariale. Aspetterò con pazienza ma lo vedremo.”
A capo di questa vicenda si è arrivati, ma non pare finita qui…