“LA CURVA DEL LATTE” di NICO ORENGO

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Conoscere la Liguria non è cosa troppo scontata,
per molti rimane ancora il posto più facile da raggiungere per farsi il bagno d’estate e trovare gente antipatica.

La curva del Latte” (Einaudi, 2002),
riesce invece a darci un’idea completamente differente di quella terra, proiettandoci nel 1957 in un’Italia di frontiera che Nico Orengo ha saputo raccontare con grande passione.

È tipico dei suoi romanzi calare sulle pagine vite reali, testimonianza diretta di gente che ha popolato la Liguria di Ponente, volendole bene o male, martoriandola o difendendola dalla speculazione edilizia, dalle colate di cemento e dal turismo di massa.

“La curva del Latte” è forse la sintesi di tutti i lavori di Orengo, da molti considerato il suo capolavoro.
Un intrecciarsi appassionato e divertente di storie di liguri di frontiera che affrontano cambiamenti epocali. Tra il lancio dello Sputnik, il matrimonio di Grace Kelly e il Festival di Sanremo, gli avvenimenti della società si intrecciano con storie individuali, drammi, momenti grotteschi e vite di passaggio.

Qualcuno ha definito questo suo romanzo fiabesco. E forse lo è per davvero. Un fiabesco di roccia e di scoglio, di azzurri accecanti che si confondono con l’asfalto, di veicoli sempre più veloci, di odore del mirto che si mescola a quello del carburante. Tutto in un’epoca di speranze figlie dell’utopia. Latte, è in questo libro il luogo simbolo della frontiera, del paesaggio che cambia e della ricchezza promessa dal boom economico. 

Per chi è questo romanzo
Per chi è un po’ nostalgico (o, come si dice al giorno d’oggi, appassionato di vintage). Ma anche per chi si vuole divertire incontrandosi con le tante vite che si animano nella trama della storia. È anche un libro per chi conosce davvero quei luoghi,  anche solo attraverso un semplice consumo vacanziero.

Se quest’estate vi capiterà di passare da quelle parti, fermatevi nella curva di Latte (è inevitabile incapparci dentro, prendendo l’Aurelia).
Sostate anche solo un attimo, senza far nulla, guardando le macchine che passano, le persone che vanno e vengono. Quel movimento da una parte all’altra della frontiera ha ancora dentro di sè il sentimento del cambiamento.

FABIO REGIS

NZO