I ragazzi delle scuole superiori, le donne straniere della scuola popolare migranti, ed infine la comunità fatta di gente comune.
E’ attraverso queste tre essenziali realtà che Malalai Joya, ex parlamentare afghana, si è addentrata martedì 10 dicembre nella realtà di Cologno Monzese, portando racconti di una vita spesa a lottare per la parità dei diritti, per la difesa delle donne, per la giustizia sociale. E tanto le è ritornato indietro: la solidarietà della gente, l’empatia delle donne migranti che provengono dalle terre vicine alla sua, e poi l’abbraccio e l’attenzione degli studenti dell’ISIS Leonardo Da Vinci.
Noi di Fuori dal Comune l’abbiamo conosciuta, e abbiamo vissuto con lei parte di questa giornata.
CHI E’ MALALAI:
“In molti paesi che ospitano le mie conferenze, vengo ancora additata come bugiarda,
ma sono sempre di più i luoghi dove raccolgo solidarietà per le cause che sto seguendo”.
Malalai è una donna afghana, moglie e madre di un bimbo dagli occhi grandi nato un anno fa il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. A volte le coincidenze regalano un sorriso, e quello di Malalai è qualcosa di incredibile, luce allo stato puro quando si accende, e subito dopo un’ombra triste. Joya non è il suo vero nome, lo ha cambiato perché costretta a fuggire, a condividere lo spazio con le guardie del corpo, a cambiare abitazione per sfuggire ad altri attentati alla sua vita dopo i sette già subiti. Con tutto questo paga il suo coraggio. Eletta parlamentare, Malalai ha trovato la forza per denunciare in quella sede, la corruzione dei parlamentari, le violenze dei signori della guerra appoggiati dalle truppe occupanti occidentali, le ingiustizie sociali, le violenze perpetrate contro le donne. Dopo due anni è stata espulsa e ora è sotto il mirino di chi vorrebbe eliminarla perché scomoda. Alle sue spalle c’è però un folto gruppo di persone che si muovono per la sua causa, e negli anni ha raccolto solidarietà in tutto il mondo, attraverso incontri di testimonianza e sensibilizzazione.
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GLI INCONTRI IN CITTA’:
A scuola:
Il primo incontro di Malalai, reso possibile dall’impegno della commissione cultura dell’ ISIS e da Gabriella Gagliardo del CISDA (Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane), è stato con l’emozionante accoglienza riservatale dagli studenti dell’ISIS. Alcune ragazze hanno portato sul palco dell’auditorium una breve rappresentazione teatrale del professor Vito Bruno, liberamente ispirata dal libro “Finchè avrò voce”, scritto dalla stessa Joya insieme ad una giornalista canadese. Le giovani si sono trovate ad impersonare Malalai, ad esserne voce, a riportarne stralci di vita. Pochi minuti di grande impatto che hanno commosso la giovane donna e hanno toccato corde profonde nelle ragazze. Lucia, non ancora maggiorenne, ha interpretato proprio Malalai, e ci ha raccontato il suo stato d’animo: “Quando dovevo leggere le sue parole per riportare il suo discorso alla Loya Jirga, più leggevo più mi emozionavo, e più mi immedesimavo in lei e ne restavo colpita”.
Al termine della rappresentazione, le magliette indossate dalle ragazze componevano la scritta “I’m Malali Joya”, affinché la sua storia di lotta sia quella di tutte le donne. In un auditorium silenzioso come poche volte, Malalai ha iniziato il percorso nella storia del suo paese, quella brutale sotto i Talebani, e quella attuale, nel segno violento dei signori della guerra e delle truppe occupanti, che hanno reso l’ Afghanistan uno dei primi paesi in termini di corruzione, e il primo in quanto a produzione e consumo di oppio.
Malalai non ha lasciato niente all’immaginazione, portando con sé foto della quotidianità afghana anche del recente 2013, immagini di lapidazioni, di donne bruciate, di bambini uccisi dalle bombe, e dati ancora più angoscianti sugli stupri, le violenze, la produzioni di oppio, il tasso di corruzione.
Mentre tutto questo passava sul telo, qualche sguardo restava sbarrato in platea, qualche bocca semi aperta, qualcuno si è appuntato frasi importanti: “Il silenzio dei buoni è peggiore delle azioni dei cattivi“, o ancora: “Una nazione può liberare sé stessa, ma non può essere liberata da altri“, “Il burka dovrebbe essere un lenzuolo per coprire i cadaveri e non gli esseri umani”.
In chiusura è arrivato il monito di Malalai a non accontentarsi delle informazioni passate in televisione, che parlano di una condizione migliore per le donne afghane negli ultimi anni: “Se sei donna puoi essere venduta da piccola ad un uomo, rischi di essere sfigurata, stuprata o rapita mentre vai a scuola, e allora non ci vai a scuola, anche se qualcuno ne ha costruita una. Puoi essere zittita, mutilata e privata di diritti e dignità. l’Afganistan è ancora oggi il paese peggiore per essere una donna”.
Con le donne migranti:
Alla scuola popolare migranti, l’incontro è stato carico di empatia e di condivisione di una situazione di partenza per certi versi simile, comunque affine culturalmente. Molte delle donne giunte a Cologno, provengono da paesi come Iran o Siria, molto vicini all’Afghanistan, o dall’Egitto, più lontano ma sempre con condizioni politiche e sociali molto complesse.
Per questo Malalai è stata avvolta da domande che chiedevano il suo parere sulle situazioni di questi paesi, che anche lei vede “Accomunati dal tentativo di ribellione che viene però ostacolato dalle forze governative, spesso supportate da governi stranieri”.
Una gradita sorpresa è arrivata da un gruppetto di migranti proveniente da Sesto San Giovanni, che ha regalato a Malalai un libro di poesie iraniane (l’ iraniano è una delle lingue dell’Afghanistan) con traduzione italiana.
Tra la gente:
La lunga giornata di Malali si è chiusa in Via Neruda, presso la Casa in Movimento, dove si è svolto un incontro pubblico aperto alla cittadinanza. Malalai, incalzata dalle domande della platea, ha toccato questioni fondamentali durante la serata, come l’importanza dell’educazione per poter riconoscere e ribellarsi alle ingiustizie, o quanto sia fondamentale vedere puniti i colpevoli per i crimini commessi, e non vederli sedere nei posti di comando.
Altra questione sollevata dalle domande dei presenti, è stata quella sul fondamentalismo, a cui Malalai ha risposto così: “L’Afghanistan è sempre stato un paese religioso e musulmano, ma ad un certo punto la religione in mano ai Talebani è diventata fondamentalismo, uno strumento per opprimere il popolo.”
Nel concludere il suo incontro pubblico, Malalai ha ricordato ancora tutte le donne che con forza hanno cercato di cambiare le cose e hanno pagato questo tentativo con la vita.