SETTE DOMANDE A …
ELISABETTA BUCCIARELLI

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Un Premio Scerbanenco 2011 per il miglior romanzo noir italiano, assegnato al libro “Ti voglio credere”, e un Premio Franco Fedeli 2010 per il libro “Io ti perdono”. Spiccano questi due riconoscimenti nel denso curriculum di Elisabetta Bucciarelli, la nota scrittrice di romanzi Noir che quest’anno sarà Presidente di giuria per il concorso letterario Liberi di Scrivere. Fermarsi a queste due menzioni però, tradirebbe la carriera dell’autrice milanese, che non sarebbe la scrittrice conosciuta oggi se non avesse vissuto a pane, teatro e scrittura, ma che allo stesso tempo si è formata su due grandi passioni: l’arte e il cinema. Proprio per il cinema Elisabetta Bucciarelli ha scritto molto sin dai vent’anni, partecipando alla stesura del corto “Fame Chimica” e del docu-film “Amati Matti”, menzione speciale della giuria al 53° Biennale del Cinema di Venezia. Tra i suoi romanzi più celebri tra cui perdersi per conoscere meglio il mondo del noir e il mondo dell’autrice, ricordiamo: “Happy Hour”, “Dalla parte del torto”, “Femmina de luxe”, “Io ti perdono”, “Ti voglio credere”, “Dritto al cuore”, “Corpi di scarto” e “L’etica del parcheggio abusivo”. Dunque conosciamo meglio questa scrittrice che tanto sta dando al romanzo italiano, e… benvenuti nel Noir, una valida alternativa ai telefilm sul crimine…

 

– Come Presidente di Giuria di un concorso letterario, e come autrice di romanzi noir, è obbligo chiederle com’è nata questa passione, con quali libri ha iniziato ad amare la letteratura, e quando ha pensato seriamente di voler scrivere ?

Il noir è ormai solo un’etichetta comoda per catalogare i libri, è un concetto anfibio, a metà tra il giallo e il mainstream. Di fatto dovrebbe essere il punto di vista delle vittime, un plot senza per forza l’indagine, un’atmosfera solida per nulla rassicurante. Ho amato molto Izzo e Malet, loro erano veramente Noir, ma devo a Durrenmatt la spinta a scrivere quello che scrivo. Non a caso era un drammaturgo, perché in realtà la mia vera passione è il teatro, la scrittura drammaturgia appunto. Mi sono formata al laboratorio della Civica scuola d’Arte drammatica Paolo Grassi, ex Piccolo Teatro di Milano, dove i miei innamoramenti iniziali sono stati Shakespeare, Genet, Beckett, Pinter e Muller. A scuola ho un ricordo forte ed emozionante di Manzoni, letto però durante l’estate che precedeva l’anno scolastico in cui avrei dovuto studiarlo. E così è stato per l’Iliade, l’Odissea, la Divina Commedia e le poesie di Leopardi. Forse questo essere in anticipo sugli obblighi della scuola mi ha salvata e mi ha fatto amare anche la letteratura. Ho capito che non avrei potuto fare altro che scrivere e che dovevo attivarmi seriamente per farlo dopo l’esperienza del laboratorio del Piccolo Teatro, avevo vent’anni.

– Ora presiede la giuria di questo concorso, ma lei ha mai partecipato a eventi simili ? Se sì, quali erano i temi e com’era andata ?
Tra le varie esperienze come giurata ricordo in particolare un premio letterario molto prestigioso per la qualità dei promotori, uno tra tutti Luigi Bernardi, editor e scrittore, il premio si chiama Lama e Trama e si svolge a Maniago. Sono stata scrupolosa e coscienziosa, con la consapevolezza di avere sotto gli occhi e tra le mani la fatica e le emozioni di tanti partecipanti.

– Il suo nome si lega al genere letterario dei romanzi noir, un aspetto particolare rispetto ai filoni più commerciali. Com’è nato il suo interesse per questo mondo?
Credo che il genere, di cui il noir fa parte, imponga allo scrittore delle gabbie forti e precise. E’ nelle forzature che trovo la mia libertà maggiore. Per questo scrivere una storia che abbia delle regole mi concede la possibilità di poter esprimere anche tutto ciò che sento e devo. Le rabbie e i conflitti, la ricerca della verità e le ingiustizie di cui siamo tutti vittime. Sembra un paradosso ma non lo è.

– In generale quanto è importante per lei, che vengano organizzati concorsi letterari su scala nazionale ? quanto contribuiscono alla scoperta di nuovi scrittori e quanto può, un giovane che sogna di diventare scrittore, contare su questi eventi ?
Mai come in questo momento esistono concorsi a premi per esordienti o aspiranti scrittori. Troppi e troppo spesso organizzati solo a fini di lucro. Più che scoprire nuovi talenti offrono la possibilità di raccogliere idee, pensieri e opinioni su temi precisi e importanti. Sono spaccati sociologici più che letterari. Poi capita che qualche autore colga l’occasione di un successo per proseguire, ma lo farebbe ugualmente anche senza concorsi letterari. Alcune competizioni, invece, hanno proprio l’obiettivo di fare scouting ma sono quelle che hanno in giuria editor, agenti o case editrici come il Premio Calvino per esempio. Sono un’altra categoria di concorsi ed è un bene che esistano.

– Dover giudicare dei racconti, che emozioni le da ? Si aspetta di trovare qualche nuovo talento ? O comunque, che aspettative ha su questo concorso ?
Questo è un buon concorso, sia per la qualità dei giurati tutti di alto profilo, sia per il tema proposto, la violenza contro le donne declinata in molti modi differenti, un argomento importante e necessario su cui occorre interrogarsi in continuazione. Mi aspetto di trovare idee, opinioni, riflessioni dense. Spero di leggere testi scritti da donne ma anche da uomini, e mi auguro che si possa aprire un dibattito, magari sui modelli femminili e maschili che dobbiamo superare e sostituire.

– Reiner Maria Rilke in “lettere ad un giovane poeta”, consigliava all’ aspirate scrittore: “Guardi dentro di sé. Si interroghi sul motivo che le intima di scrivere; verifichi se esso protenda le radici nel punto più profondo del suo cuore, confessi a se stesso: morirebbe, se le fosse negato di scrivere ?”. Lei cosa si sente di dire a chi si appresta a consegnare in busta chiusa il suo racconto e il suo sogno, vedendo in questo concorso nazionale, una possibilità ?
I sogni vanno seguiti sempre e farlo è già un atto psicomagico. La scrittura è democratica, è di tutti e tutti hanno diritto di esprimersi per suo tramite. Ma il consiglio è soprattutto di leggere, tanto, sempre. Di continuare a cercare le parole giuste per chiamare le cose e i sentimenti e di farlo nei libri dei bravi scrittori. Leggere poesie, soprattutto, tutte le sere prima di dormire.

– Infine le chiedo un consiglio per chi sta ultimando i suoi racconti e si appresta a consegnarli: Il tema proposto dalla commissione della Biblioteca Civica di Carugate in sintonia con l’ Assessore Walli Franceschin, è stavolta di grandissima attualità e coinvolge diverse problematiche legate alla violenza di genere. Ecco, un racconto che muove da situazioni reali, da storie sentite o lette sui giornali e infarcite di dettagli, come dovrebbe fare per slegarsi dalla cronaca giornalistica per assumere un aspetto più letterario?
La vita reale va metabolizzata, tenuta a distanza, elaborata. Deve trascorrere un tempo perché le nostre piccole storie private possano diventare la storia di tutti e trasformarsi in scrittura per gli altri, narrazione. Questo concorso non chiede ai partecipanti di essere scrittori ma di sperimentarsi con le parole per provare a raccontare. Anche l’autobiografia è una forma letteraria, purché sia universale nei contenuti. Un consiglio tecnico potrebbe essere di non scrivere in prima persona, privilegiando la terza, di non utilizzare il tempo presente ma l’imperfetto o il passato prossimo, operazioni entrambe capaci di mettere spazio tra il “nostro ombelico” e la pagina bianca. Più difficile, ma assai efficace, provare a stare dalla parte dei cattivi e ho il sospetto che nelle trame dei racconti del nostro concorso potrebbero essercene molti.