MELZO – Omicidio di Felice Mariani, l’assassino rinviato a giudizio

categories="13381,12868,6030,12964,9217,13794,12762,12863,12742,12741,12743,12862,12744,12746,12745,12747,12748,12865,12866,12799,12749,12763,12750,12864,12751,12867,12752,6546,16899,12965,6542,3,12980,210,17281,17282,17283,17284,12962,6126,13798,12981,287,1,12966,12961,12976,2916,5857,9608,12505,14138,14139,13781,6544,13496,7153,6534,5184,12977,6031,9215,6523,10994,6522,1545,6421,10995,10993,13198,361,13290,12821,12800,6062,8672,16701,16702,16703,6,5856,12959,9216,9218,27,101,14566,13209,6511,12963,12816,427" random="1" limit="1"]

L’aveva ucciso perché faceva troppo rumore. Claudio Pinto, 37enne che nell’agosto del 2010 sparò uccidendo Felice Mariani, commerciante di Melzo, è stato rinviato a giudizio.

Nella stessa occasione, il 37enne sparò anche diversi colpi di pistola verso la compagna del 71enne, Giancarla Severgnini, 61 anni, che rimase illesa.

Il Gup Patrizia Ingrascì ha ottenuto il rinvio a giudizio durante l’udienza preliminare che si è svolta ieri, martedì 10 maggio. Il processo partirà il 15 luglio. Pinto dovrì rispondere dell’accusa di omicidio volontario aggravato da futili motivi e tentato omicidio.

La difesa aveva chiesto il rito abbreviato, anche in base alla perizia psichiatrica, che però il giudice non ha accettato.

Tutto accadde il 22 agosto 2010, a Rota Imagna, dove Mariani stava trascorrendo le vacanze con la moglie. Mariani stava caricando l’auto per fare rientro a Milano, quando Pinto, infastidito dai rumori, era uscito sul pianerottolo facendo fuoco. Aveva poi sparato anche contro la moglie di Mariani, uscita per controllare cosa stesse succedendo, che però era riuscita a scappare barricandosi in casa.

I carabinieri giunti sul posto avevano trovato Pinto accanto al cadavere di Mariani. Al Gip l’uomo aveva ammesso la sua responsabilità, dicendo però di avere agito per legittima difesa. A sostegno della sua tesi, aveva portato una ferita da arma da taglio a una gamba: secondo il suo racconto sarebbe stato Mariani ad aggredirlo, prima verbalmente e poi con un coltello, che era stato trovato nella mano destra dal 71enne.

A suscitare una serie di dubbi sulla sua dichiarazione è stato il tentato omicidio della Severgnini: perché sparare verso la compagna, se aveva agito per difendersi? Fa pensare, poi, anche l’acquisto dell’arma, avvenuto solo pochi giorni prima del fatto, il che fa supporre che l’omicidio possa essere stato premeditato. L’uomo dichiarò di averla comprata per difendersi.

C’è poi la testimonianza di una vicina di casa: la donna avrebbe dichiarato che, dopo aver ucciso Mariani, Pinto ne avrebbe trascinato il corpo in casa per inscenare la lite. Anche a questo servirà il processo: a chiarire il movente (si pensa ai rumori, da cui sembra che il 38enne fosse ossessionato) e la provenienza del coltello trovato in mano a Mariani.

La difesa farà leva anche sull’incapacità i intendere di Pinto, sostenuta dal fatto che l’uomo vivesse segregato e barricato in casa, cambiando frequentemente abitazione.