Riceviamo e pubblichiamo.L’albero di Giuda
(nome volgare) si chiama così perché, al contrario del cipresso, in età adulta sviluppa una chioma molto estesa in larghezza, con impalcatura di rami in orizzontale, inoltre fiorisce sotto Pasqua, con bellissimi fiori rosso porpora, perciò il nome è quanto mai appropriato.
Quello che stava, insieme al suo compagno di destra, a sinistra del cancello di ingresso della Scuola Elementare di via Roma a Carugate, era regolarmente fiorito come ogni anno della sua lunga vita a aveva altrettanto regolarmente messo su un folto fogliame. Era vecchio, quasi sicuramente coevo della scuola (1930) e, come quasi tutti i vecchi, non era in perfetta salute.
Un solerte agronomo, il medico delle piante, aveva diagnosticato che “A livello del castello è presente un ampia ferita da taglio interessata da processi di carie ormai degenerate in cavità…”. Male incurabile, per cui “Abbiamo preso la decisione di procedere all’abbattimento dello stesso e provvedere alla immediata ripiantumazione di un nuovo esemplare appartenente alla medesima specie”.
Il tutto veniva spiegato con un bel cartello colorato e animato ai bambini, ai quali veniva anche paventata la remota possibilità di caduta di parte o di tutto l’albero – orrore! non sia mai! – sulle loro teste piccine picciò.
Poi, si sa, l’eutanasia arborea non è un reato, e quindi: sotto con le motoseghe!
Però… A me sembrava come uno di quegli ulivi centenari gobbi e stortignacchi che proprio per questo sono più belli, fascinosi, ricercati e magari vengono estirpati dalla natia Puglia per far bella mostra di sé nel giardino di qualche
industrialotto lombardo.
E poi, in un flash di memoria, quando avevo 12 anni, ricordo di averci giocato a pallone insieme: lui faceva il palo (della porta), l’altro era un mucchio di maglioni.
In ogni caso, secondo me si sarebbe dovuto potare e curare, checché ne dica l’agronomo. E’ che purtroppo continua questo andazzo di abbattere le piante pregiate e d’alto fusto con la scusa che sono malate e potrebbero cadere. Finirà che ci ritroveremo in una città popolata da cespugli e pianticelle.
Vabbè, bando ai rimpianti: sono contento che il posto del vecchio albero di Giuda sia stato subito preso da un giovane sostituto della stessa specie (“l’alberello del Giudello”). Peccato che il vecchio misurasse 40 centimetri di tronco, il giovane… solo quattro! Ma tra cinquanta o sessant’anni, forse…
Lettera di Ezio Mantegazza, Carugate