Piccoli piaceri della vita, sempre che non diventino troppo cari. A chi, negli ultimi giorni, non è capitato di entrare in un bar della Martesana, ordinare un caffè e rimanere un po’ male quando, al momento di pagare, il barista ha sentenziato: “1 euro, grazie!”.
Cari cittadini, è meglio che vi ci abituiate, perché quel bar non è un caso isolato: il caffè è aumentato ovunque. Certo, resiste ancora qualche raro esercente rimasto fedele ai 90 centesimi (sempre così cari, se si pensa a quelle vecchie 500 Lire che bastavano per avere un caffè prima dell’arrivo dell’Euro), ma è un po’ come trovare un ago in un pagliaio.
Perché parliamo di caffè? Sappiamo bene che l’aumento del costo del caffè rientra in quello più generalizzato del costo della vita, l’aumento della benzina, in particolare, sta facendo tanto discutere da qualche settimana a questa parte. Sappiamo anche che, in fin dei conti, il caffè non è certo un alimento di cui non si può fare a meno, gli aumenti di cui preoccuparsi sono ben altri.
Però, forse perché riteniamo il caffè uno di quei piaceri che rendono un’intensa giornata di lavoro un po’ meno dura, forse perché noi di Fuori dal Comune siamo degli accaniti bevitori di caffè e perché Fuori dal Comune è nato proprio intorno al tavolino di un bar davanti a 1, 10, 100 tazze di caffè… per questi motivi siamo tra quei cittadini che, appreso l’aumento, sono rimasti male. E allora… ci siamo informati, per informare voi lettori.
Che sta succedendo? Innanzitutto l’aumento nasce dalla base, cioè dai produttori che si giustificano con l’aumento del costo delle materie prime. Un balzo del prezzo dei chicchi d’oro non si registrava così da 34 anni: alla Borsa di Londra solo in dodici mesi la qualità “Robusta” è passata da 1.200 a 2.300 dollari alla tonnellata, in quella di New York invece la qualità “Arabica” è passata da 130 a 270 centesimi alla libra.
I fattori che hanno determinato tale impennata sono molteplici, ma al primo posto c’è senza dubbio il clima, fattore fondamentale che influenza la produzione dei chicci. Sembra che, a causa della pioggia, la produzione di caffè sia crollata del 25% in molte aree dell’America Latina. Inoltre il clima si è modificato negli ultimi 30 anni, al punto che in alcuni casi è difficile ottenere quel giusto mix di temperatura e umidità necessario per permettere ai chicci di raggiungere il gusto perfetto.
Tutto ciò provoca una riduzione della produzione che, associata ad un aumento della domanda mondiale, porta all’aumento dei prezzi all’ingrosso. E qui, ovviamente, si inseriscono anche gli speculatori. Ciò comporta un aumento dei prezzi del chicco, quindi, per il consumatore, del caffè in generale, al bar, a casa e alla macchinetta.
Ed ecco, così, che, partendo dal produttore, arriviamo al commerciante che, costretto dagli aumenti alla base, alza il prezzo al povero consumatore, che è costretto a pagare… o rinunciare! A voi l’ardua sentenza.
Eleonora D’Errico