Martedì 30 novembre, in tarda serata
, un capannello di giovani studenti, sotto una tenue pioggerella invernale, dibatteva ansiosamente davanti all’entrata di San Felice del liceo scientifico N. Machiavelli. Ognuno diceva la sua, chi più ansiosamente, chi in modo pacato, ma l’argomento era uno solo: alcuni studenti, dopo due intense giornate di autogestione, avevano occupato la scuola e adesso erano dentro con sacchi a pelo e provviste. Molti dei ragazzi radunatisi fuori dai cancelli non erano d’accordo con questa dura forma di protesta, altri li sostenevano e altri ancora speravano in una continuazione dell’occupazione anche nella mattinata successiva.
Due giorni di autogestione intensi, mi spiegano Matteo, Valerio e Filippo promotori dell’autogestione e delle iniziative svolte durante le giornate: “Secondo noi è inutile manifestare se non si conoscono le ragioni del dissenso, questa autogestione è stata radicalmente diversa dalle altre, abbiamo parlato della riforma e di tutti i suoi possibili sviluppi in modo serio e dettagliato e i ragazzi ci hanno ascoltato, hanno partecipato attivamente a tutte le assemblee e a tutti i dibatti che abbiamo proposto, è stata un successo”. Uno dei tre parlando neanche troppo scherzosamente mi racconta che c’era più silenzio nelle aule autogestite che in quelle dove si svolgevano regolarmente le lezioni. “Il servizio d’ordine è stato completamente inutile gli studenti si sono fiondanti nelle aule tematiche non appena è suonata la campanella”.
I ragazzi parlavano in modo concitato, di un argomento che era evidente li toccasse particolarmente e su cui, anche con l’aiuto dei professori, si erano molto preparati; parlavano con cognizione di causa senza sventolare i classici slogan dell’una o dell’altra parte, mi parlavano di argomenti, che, per gli eccessi che contraddistinguono l’adolescenza, generalmente restano fuori dalle bocche dei manifestanti, come il rispetto del normale svolgimento delle lezioni, del diritto allo studio per coloro che non erano d’accordo con la protesta.
Concetti che sono stati la base da cui sono partiti per organizzare l’autogestione e che adesso li portavano a dissentire profondamente con i ragazzi che occupavano la scuola. Insomma una gioventù di provincia viva, attiva che parla, discute e dibatte, tronca bruscamente lo stereotipo dei licei di provincia, spesso considerati ovattati, fuori dal mondo.
Se è possibile la moderazione in questo caso ha giocato di sponda all’informazione scolastica, perché sempre come mi spiegano i ragazzi, solo grazie alla collaborazione del professor Mazzi, esterno all’istituto, e simpatizzante della causa degli studenti, è stato possibile creare gruppi estremamente formativi. Dopo non molto, ecco spuntare dalla scuola due dei ragazzi che campeggiavano all’interno dell’istituto, Davide e Fabio, che mi spiegano che il loro gesto vuole enfatizzare la loro volontà di protestare contro un legge, a dir loro, non accettabile; mi mostrano uno degli slogan esposti durante le giornate appena trascorse, “libertà è partecipazione”, che, tratto dall’omonima canzone di Giorgio Gaber, esprime in sintesi l’anima dell’autogestione appena passata. Non sono ancora sicuri di cosa faranno la mattina dopo ma la notte sarà nell’atrio della scuola.
Giovedì incontro la vice preside Roberta Ghio, che gentilmente mi invita nel suo ufficio e mi spiega l’autogestione appena trascorsa vista dai suoi occhi. Nonostante lo scarso preavviso con cui è stata organizzata, (la richiesta formale è arrivata solo la mattina stessa), e nonostante sia stata coinvolto solo lo scientifico,la vicepreside è positiva nella valutazione della due mattinate, “ riconosco che durante le giornate di lunedì e martedì mattino i ragazzi hanno dimostrato un grande coinvolgimento”.
“I problemi sono cominciati dopo le 12 di martedì, avevamo preso degli accordi, gli abbiamo concesso le aule, ma l’autogestione doveva finire nella mattinata di martedì”.
Per spiegare in modo esauriente la vicenda la vicepreside è dovuta partire dal sabato mattina precedente, quando sulla sua scrivania è pervenuta la richiesta da parte degli ufficiali rappresentanti d’istituto, per una assemblea il venerdì successivo, nel frattempo però, durante il fine settimana grazie anche al social network per eccellenza si è organizzata un autogestione per lunedì mattina. Nonostante le proteste dei rappresentanti d’istituto, lunedì, l’autogestione è cominciata a furor di popolo, svolgendosi in modo tranquillo e proficuo per due lunghi giorni.
Martedì pomeriggio però 8 ragazzi hanno deciso di spingersi oltre, continuando a manifestare occupando l’istituto, e a poco sono serviti i ripetuti inviti di professori e forze dell’ordine ad abbandonare la scuola. Nella mattinata di mercoledì, il gioco delle parti è andato in scena al Machiavelli, e chi protestava il giorno prima, come gli otto occupanti notturni adesso si avviava verso casa dicendo: “La notte è stata lunga, siamo stanchi, quello che succederà adesso non è più di nostra responsabilità”.
Chi due mattine prima invitava alla calma e a seguire la strada prevista dell’assemblea, adesso, avendo capito che la moderazione non porta alla gloria, armati di megafono invitavano gli studenti a non entrare a scuola e ad unirsi alla manifestazione. “Comportandosi in questo modo hanno rovinato gli ideali stessi su cui si fondava la loro protesta, non esiste libertà nell’illegalità, libertà non è solo partecipazione ma anche coerenza” così la vicepreside Ghio commenta l’accaduto degli ultimi giorni, amareggiata sul livello personale oltre che professionale dai risvolti della vicenda.
Due punti di vista diversi su un’unica vicenda, probabilmente sintomatici del fatto che la libertà non è facile da gestire, e se da un lato questa manifestazione ha avuto l’enorme merito di aver acceso il desiderio di partecipazione nella gioventù dell’est milanese, dall’altro ha mostrato quanto il prendere coscienza di se e del proprio ruolo sociale possa facilmente portare a travalicare gli argini della coerenza personale.